Michel Portal Quintet al Piacenza Jazz Fest per presentare “MP85”

di Francesco Spezia

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Michel Portal al tenore

Uno dei concerti più attesi dell’edizione del ventennale di Piacenza Jazz Fest era sicuramente quello del gruppo di Michel Portal. Per il clarinettista originario di Bayonne si trattava della terza esibizione nel festival piacentino, dopo il duo con Louis Sclavis del 2012 e il quartetto pianoless con Sclavis, Bruno Chevillon e Daniel Humair del 2018. Anche questa volta il pubblico ha potuto assistere ad uno spettacolo memorabile, molto diverso dai precedenti ma di livello sempre sublime. L’ultima volta che ebbi la fortuna di incontrare Portal fu nel 2019 per Vicenza Jazz Fest, quando per l’occasione venne formato un quartetto di improvvisazione libera con Rava, Reijseger e Cyrille. Prima dell’esibizione il maestro francese sembrava preoccupato dalla situazione musicale nella quale si trovava coinvolto: “Serve grande concentrazione per suonare questa musica ma i tempi sono cambiati e non so come potrà reagire il pubblico”. Ed in effetti il concerto lasciò più di qualche perplessità fra gli addetti ai lavori.

Michel Portal al soprano

A Piacenza la situazione era diversa: il gruppo era pressoché lo stesso che partecipò alla registrazione di “MP85” per Label Bleu nel 2021, fatta eccezione per il trombonista Nils Wogram e il batterista Lander Gyselinck, sostituiti rispettivamente da Samuel Blaser e Stephane Galland. Sono musicisti che suonano da moltissimo tempo con Portal e che conoscono bene le esigenze e le peculiarità della musica del Maestro. Balza subito all’occhio la scelta di affidare la front line del gruppo a clarinetto basso/sax soprano e trombone, una combinazione particolare e poco frequentata negli ensemble jazz. I timbri dei due strumenti si intrecciano alla perfezione e contribuiscono a delineare un nuovo paesaggio sonoro sul quale proiettare la musica. Portal, dal canto suo, sforna una prestazione particolarmente ispirata, soprattutto al clarinetto basso. Come era successo per Fasoli, colpisce sì la tecnica strumentale, ma soprattutto l’originalissima concezione musicale che rende le composizioni di Portal uniche. Il pianista di origine bosniache Bojan Z si conferma un partner ideale, in grado di portare freschezza e idee nuove sia al pianoforte che alle tastiere, cambiando in continuazione approccio allo strumento (a parti più melodiche vengono alternati passaggi più percussivi). La sezione ritmica composta da Bruno Chevillon e Stephane Galland ha offerto una prestazione solida, concentrando i propri sforzi più sull’accompagnamento che sul virtuosismo solista. Buona la prova di Samuel Blaser, anche se meno appariscente rispetto a quella del leader.

Stephane Galland alla batteria

In generale il concerto non ha lasciato dubbi: Portal si conferma nel gotha del jazz europeo anche a 87 anni, dimostrando freschezza di idee e capacità tecniche, protagonista indiscusso di una ricerca senza fine. Unico appunto che ci sentiamo di fare all’evento è stata la qualità audio. Purtroppo un forte rumore di massa è stato presente per tutta la durata del concerto, mascherato dall’alto volume della musica. In vent’anni di Piacenza Jazz Fest episodi analoghi si sono verificati veramente pochissime volte (ricordo il concerto degli Miles Smiles nel 2013) e ci auguriamo che il problema possa essere risolto per le prossime esibizioni in programma alla Sala degli Arazzi: sabato 25 marzo per il duo RavaHersch (ripreso in diretta dall’emittente televisiva francese Arte) e martedì 18 aprile per il concerto di Bill Frisell.

I musicisti alla fine del concerto

Testo di Francesco Spezia

Foto di Angelo Bardini