Julian Lage Trio a Empoli Jazz

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Julian Lage Trio, foto Annamaria Lucchetti

Empoli, Giardino del Torrione, 31 luglio

Atto conclusivo della nona edizione di Empoli Jazz, il concerto del trio di Julian Lage ha documentato appieno il valore e la cifra poliedrica del non ancora 31enne chitarrista californiano. Autentico enfant prodige, Lage ha maturato un lungo e graduale percorso di apprendimento, sia formale che sul campo, culminato con la militanza nell’ultimo quartetto del vibrafonista Gary Burton, esperienza che lo ha rivelato all’attenzione di pubblico e critica come uno dei più talentuosi chitarristi jazz dell’ultima generazione.

Lo conferma appieno il secondo lavoro da titolare, «Modern Lore», logica prosecuzione di «Arclight» (entrambi realizzati per la Mack Avenue). Nel disco d’esordio figuravano musicisti di prim’ordine come Scott Colley al contrabbasso e Kenny Wollesen alla batteria, cui sono subentrati Jorge Roeder – compagno di Lage nel quartetto di Burton – ed Eric Doob.

Julian Lage, foto Annamaria Lucchetti

Davanti a un pubblico composto in buona parte da giovani, Lage ha dato prova non solo della sua indubbia perizia strumentale, ma anche di una fresca vena compositiva e di una matura consapevolezza della tradizione. Sulla sua Fender Telecaster produce un fraseggio nitido, senza effetti né distorsioni, riccamente articolato ma mai eccessivamente infiorettato di virtuosismi. L’eredità di un maestro assoluto della chitarra jazz come Jim Hall traspare dalle capienti armonizzazioni, da certe introduzioni che disegnano l’architettura dei brani, dalla pulizia con cui viene enunciata e centellinata la melodia di un vecchio standard come I’ll Be Seeing You. Al tempo stesso, vanno sottolineati il garbo e l’approccio moderno con cui viene attualizzato un vecchio e quasi dimenticato brano di Irving Berlin, The Best Thing For You (Would Be Me).

Oltre al bagaglio jazzistico, nelle composizioni originali Lage riversa da una parte elementi di Americana mutuati da Bill Frisell e Ry Cooder, tangibili nella ricerca di spazi; dall’altra, un senso del blues (che senz’altro gli deriva da John Scofield) riscontrabile nella costruzione delle frasi e nella modulazione del suono. Un senso del blues che ravviva una scattante versione di Blues Connotation di Ornette Coleman e stabilisce così un legame saldo con la frangia più avanzata della tradizione.

Eric Doob, foto Annamaria Lucchetti

Doob si propone come interlocutore ricettivo e prolifico in virtù di accentuazioni fitte e diversificate, mentre Roeder garantisce un solido ancoraggio ritmico con una pulsazione rocciosa e un suono grasso, antico. Una proposta musicale al passo coi tempi, di grande apertura e godibilità, che proprio nel maggior pregio (l’eclettismo) evidenzia anche qualche limite di identità. Ben vengano, comunque, gruppi di questo livello, capaci di contribuire a un graduale rinnovamento.

Jorge Roeder, foto Annamaria Lucchetti

Organizzato anche quest’anno con il contributo di Music Pool e Centro Studi Musicali Ferruccio Busoni, il festival ha offerto contenuti di rilievo con i concerti di FORQ, Charles Lloyd & The Marvels e CrossCurrents Trio (Dave Holland-Chris Potter-Zakir Hussain). Un buon auspicio per l’edizione 2019, la decima.

Enzo Boddi

Julian Lage, foto Annamaria Lucchetti