Johnny Lapio : Arcote è una eccellenza musicale, artistica ed educativa aperta a tutti

Pensando alla vita artistica italiana e più nello specifico a quella musicale, con la scena che per le diffuse difficoltà tende a cristallizzarsi in proposte ripetitive e consolidate, capita che se si allunga lo sguardo oltre, la prima forte impressione evinta sia diametralmente opposta e che si rimanga colpiti dalla dimostrazione di dinamica e incrollabile vitalità.

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Johnny Lapio - Arcote
Johnny Lapio - Arcote

A Torino siamo andati a trovare Johnny Lapio, trombettista-artista-educatore-direttore artistico, fondatore – motore propulsore in perpetuo movimento e ideatore di sinergie creative tra diverse discipline – di Ar.Co.Te – Atelier delle Arti Contemporanee e Terapeutiche. Una realtà di impegno sociale, nata in un quartiere cittadino problematico, affermata e riconosciuta anche all’estero, che vive e cresce pur tra le molteplici e reali contraddizioni.

Partiamo dalla esperienza personale come musicista-performer, che inizia con studi diametralmente opposti seppur poi base fondamentale delle scelte fatte con la costituzione dell’associazione AR.CO.TE. onlus. Ci racconti il tuo percorso formativo e artistico?
Mi ritengo un creativo da sempre e da sempre sono interessato, in maniera del tutto naturale, ai linguaggi non verbali e alle percezioni umane in generale. La mia formazione, che non differenzio in artistica e non – ritengo che la vita in generale sia un’opera d’arte – è cominciata pressoché da subito con una predilezione per l’elemento sonoro e quello visivo. Suono e dipingo da sempre, anche se il jazz e la tromba arriveranno in adolescenza inoltrata, con già una buona maturità artistico-musicale e un discreto bagaglio professionale.

Ho suonato e performato in diversi continenti e nei contesti più disparati, ho vinto diversi premi legati soprattutto al jazz di ricerca. Queste esperienze mi hanno permesso, e continuano a permettermi, di incontrare persone e realtà straordinarie che impreziosiscono la mia crescita umana e artistica. Tutto ciò avveniva e avviene a Torino in un quartiere complesso, Porta Palazzo, che alle difficoltà di una zona popolare, contrappone continui stimoli culturali. Non a caso iniziai a suonare in gruppi con etnie diverse, vivendo tutte le vicissitudini dei giovani, e parallelamente in teatri lirici e di prosa come performer o attore.

Solo in seguito, a professione già iniziata, affrontai i percorsi accademici di Diploma in Conservatorio e Accademia di Belle Arti. Mi sono trovato quasi involontariamente ad essere anche educatore (con un’accezione ampia del termine) e a pensare che le arti, in particolare il jazz e la sua storia, potessero avere una corsia preferenziale con i giovani. In seguito ho poi affrontato i percorsi universitari, educativi, musicoterapici e arteterapici. Nonostante la tromba sia lo strumento che maggiormente mi rappresenta credo che l’aspetto più interessante sia quello creativo e compositivo (sonoro e visivo) sia per finalità artistiche che educative, e spesso non c’è una vera e propria differenza.

Johnny Lapio Arcote
Johnny Lapio

Da questo percorso personale, che incrocia scienze dell’educazione – criminologia – musica e la nascita in un quartiere di Torino con problemi di delinquenza, immigrazione e disagi sociali, nasce in te l’urgenza di agire attivamente per creare integrazione e hai fondato un’associazione e un locale multidisciplinare.
Io rispondo sempre che Arcote non è un’associazione ma un’opera d’arte concettuale, uno stile di vita, un elemento di cultura replicabile e trasmissibile tra gli individui. Ci sono pensieri e personaggi che hanno inciso profondamente nel mio modo di pensare e che per certi versi fanno parte di me, ad esempio il Fluxus, il Teatro Totale di Sylvano Bussotti, Rudolf Steiner, Yoseph Beuys, Braxton e la sua Tricentric Foundation, Sun Ra, la storia dello AACM per citarne solo alcuni.

Volevo che Arcote fosse un’eccellenza musicale, artistica ed educativa, accessibile a tutti e che fosse ubicata nel quartiere di Torino più “energetico”. Un luogo multidisciplinare – la vita stessa è multidisciplinare – che non avesse barriere di alcun genere, confini e bandiere perché la natura non ne ha, ma soprattutto avesse uno stile unico che non ponesse limiti alla creatività. Ad Arcote arriva il superprofessionista che vuole specializzarsi, il minore che vive di espedienti che in Arcote vede una reale alternativa, la famiglia di immigrati che cerca un’educazione specifica per i figli o un luogo in cui leggere e confrontarsi con altre persone, ma soprattutto da Arcote può passare chiunque abbia un’idea o una storia da raccontare.

Johnny Lapio Arcote
La copertina dell’album «Stone» dei Porta Palace Collective con Johnny Lapio e Rob Mazurek e pubblicato nel 2017 da Rudi Records

Da Arcote sono transitati personaggi come Sylvano Bussotti, Rob Mazurek, Don Moye, Chris Jonas, Satoko Fuji. Per fare questo ho sicuramente sfruttato le passate collaborazioni musicali e artistiche, ma in seguito ho creato un ponte con realtà italiane ed estere come Bussottioperaballet, Sviska, Tricentric, Little Globe e molte altre. Parlo in continuazione di Arcote ovunque e ora conoscono questa realtà a Tokyo, New York, Santa Fe, Parigi, Copenaghen, Tai Pei…

Perfino progetti ed ensemble nati in seno ad Arcote ne portano il nome o il nome del quartiere in cui siamo radicati: ContemporaneaMente Arte, Arcote Jazz Torino, Porta Palace Collective, Arcote Project. Dal punto di vista storico-culturale Arcote ha inoltre contribuito alla realizzazione di progetti molto importanti come Regards e Calendario II e il Sonic Genome di Braxton.

Quanto è stato problematico e complesso aprire l’atelier senza fondi pubblici? L’associazione è una onlus, si autofinanzia? Come è possibile contribuire e sostenere l’associazione?
All’inizio molto, soprattutto se si pensa che io vivo tutt’ora con la musica e l’arte (senza, per scelta, insegnare non avendo neanche 30 anni). L’apporto maggiore arriva sicuramente dallo staff di Arcote, costituito da professionisti e amici con cui condivido importanti esperienze umane e professionali. Inoltre, altro dato secondo me importante, è che lo staff è costituito prevalentemente da donne impegnate nel sociale e appassionate di musica ed arte.

Il primo anno in particolare, ogni mio guadagno personale  legato ai concerti, alle performance, alla Musicoterapia, e parte dei guadagni dei collaboratori veniva utilizzato per ammortizzare i costi e le spese (è facile immaginare i costi di un atelier di 250 mq). Col tempo la situazione è cambiata, ora è un’importante realtà nazionale. Ci tengo inoltre a precisare che nessun socio fondatore percepisce un solo euro da Arcote (me compreso) e che la base volontaristica è molto forte. In generale ogni persona ha un lavoro esterno e le entrate vengono spese per finalità sociali e culturali.

L’autofinanziamento è legato soprattutto al volontariato (si va dai 17 ai 60 anni) e per partecipare è anche possibile utilizzare i classici canali, come donazioni e 5 per mille. Vengono inoltre proposti corsi strumentali, artistici, danza per bambini, Musicoterapia, Arteterapia, progetti educativi, ma sempre – dopo aver ammortizzato la spesa – si reinveste per costruire altro.

Il modo migliore per sostenere l’Associazione è conoscerci, venire a trovarci e visitare l’Atelier – difficilmente si rimane indifferenti – e nuove persone portano nuova energia, nuove idee, nuovo aiuto. Si entra a far parte di uno stile di vita, di un’opera d’arte, non banalmente solo di un’associazione. Per quanto riguarda il discorso fondi pubblici, quando vinco il bando di un progetto sono molto contento ma per poter essere libero di dare ai miei progetti il taglio e l’orientamento che scelgo devo rendermi sostenibile indipendentemente dall’erogazione economica di un bando. Come spiego ad un politico, che magari vuol piazzare qualcuno dei suoi amici, che Arcote è uno stile, un’opera? Ed è per questo motivo che la mia figura è scomoda.

Come è possibile che a Torino ci siano luoghi per i quali sono stati spesi centinaia di migliaia di euro e sono pieni di debiti, mentre un luogo autosostenibile, che funziona, che necessiterebbe del quadruplo dello spazio, non riceve neanche un euro? Eppure esistiamo nonostante tutto, perché chi comprende la mission di Arcote capisce che non è una semplice associazione, ma un modo di vivere, un atteggiamento mentale che rompe gli schemi.

Fin dall’acronimo che da il nome all’atelier – AR.CO.TE arti contemporanee terapeutiche – è esplicito l’intento. Quali sono le principali attività che svolgete?
Le nostre attività sono molteplici: diffusione del jazz, della filosofia musicale e corsi strumentali, laboratori creativi, pittura, formazione in ambito pedagogico ed educativo, organizzazione di eventi, interventi nelle scuole, neuropsichiatrie infantili, collaborazioni con il carcere minorile ed un laboratorio di ricerca musicale e artistica tenuto da me e denominato New Collective Avant-garde in cui confluiscono musica, arte, scrittura, improvvisazione.

Arcote
Porta Palace Collective: Johnny Lapio – tromba, Giancarlo Schiaffini -trombone, Giuseppe Ricupero – sax tenore, Lino Mei – pianoforte, Gianmaria Ferrario – contrabbasso, Donato Stolfi – batteria, Sarah Bowyer – performer

Il jazz e l’improvvisazione hanno un ruolo centrale tra le tante musiche e arti che vengono insegnate ad  AR.CO.TE. Ci spieghi come hai creato il legame tra jazz e socializzazione del quartiere?
L’ho creato portando il jazz ovunque, soprattutto in luoghi informali come scuole, ospedali, case popolari, comunità, giardini, borghi, gallerie d’arte, tetti del quartiere, cortili, università e organizzando, quando possibile, festival o rassegne. Con il nostro “marchio” sono idee come il primo Festival della Cultura Contemporanea Italiano, Danze e Sapori dal Mondo, Suoni d’Africa, What’s jazz?, le Anteprime Jazz del Torino Jazz Festival.

Tieni presente che il quartiere ha un pubblico molto variegato per etnie, età ed estrazione sociale e che per jazz io intendo innovazione, tecnologia ma rivolte alla tradizione. Quindi nelle rassegne, nelle scuole, trovi percorsi che vanno dal mainstream all’elettronica con proiezioni video. Altri riciclano le nostre idee, senza neppure citarci, ma ci fa piacere perché vuol dire che il percorso intrapreso è ottimo. Invece dispiace che le istituzioni non comprendano che i luoghi sono fatti di persone e che per far funzionare le cose non basta sistemare le strutture degli edifici, dare due soldi e scopiazzare le idee.

Per quanto riguarda l’improvvisazione proponiamo ai giovani e alle scuole (dalla Scuola Primaria all’Università) dei percorsi in cui si usano corpo, materiale da riciclo, strumentario Orff; il tutto accompagnato da video, ascolti, rapporti tra la scrittura musicale, la scrittura audio tattile, la musica audio tattile, il rapporto tra jazz e arte. A differenza di altre istituzioni, si arriva fino alla storia attuale del jazz prendendo in considerazione anche e soprattutto luoghi diversi dall’Italia e dagli USA, come, ad esempio, il Nord Europa, il Giappone. Se è vero che il jazz è musica d’arte, lo spettro deve essere ampio.

Musicoterapia e arteterapia: scienze complesse e affascinanti, anche per chi è profano a queste discipline. Nell’atelier i laboratori coinvolgono gruppi di tutte le età? E tutti reagiscono e partecipano con uguale entusiasmo?
Non ci sono limiti di età e spesso gli interventi musicoterapici e arteterapici vengono attuati anche all’esterno dell’Atelier: scuole, cliniche comunità. La partecipazione e l’entusiasmo sono differenti sia in base alla composizione del gruppo con cui ti interfacci che in base al contesto che ospita l’attività.  Immagina per esempio di essere in un carcere minorile, probabilmente avrai alcuni minori interessati e altri obbligati dall’istituzione a partecipare. Il coinvolgimento sarà necessariamente diverso, anche se in generale con la musica il grado di coinvolgimento raggiunge epiloghi apparentemente inaspettati.

Avete istituito anche Master accademici.
Arcote collabora da anni con l’Accademia di Belle Arti di Brescia dirigendo un Master di I° livello in Artiterapie (primo in Italia) in cui convergono i nuovi linguaggi della performance. E’ un percorso accademico per laureati e professionisti interessati ad un uso differente del suono e del segno per finalità preventive, riabilitative, terapeutiche, artistiche ed educative. E’ utile per musicisti, artisti e operatori sociali che necessitano di punti di vista differenti, nuovi stimoli, idee compositive ed esercizi pratici da proporre in diversi contesti.

E’ un percorso serio legato a modelli teorici di riferimento ben precisi; lo preciso perché purtroppo l’alone di magia che aleggia dietro i termini musicoterapia e arteterapia è imbarazzante. Il nostro Master e il nostro approccio non rientra in questi casi. L’utenza del corso è racchiusa tra l’artista/musicista affermato, all’operatore sociale con età e provenienza geografica differenti. Si lavora inoltre sempre e solo con gruppi piccoli in modo che il percorso sia specifico e lasci un’impronta professionale e umana importante

Tra i molteplici ruoli che svolgi all’interno di AR.CO.TE organizzi concerti e sei il direttore artistico di Beer & Jazz on Monday.
Beer & Jazz on Monday è una delle rassegne più storiche di Torino (che sopravvive sempre senza soldi pubblici) e prevede un concerto ogni lunedì sera da ottobre ad aprile. La maggior parte del mio tempo la trascorro a suonare, a viaggiare per concerti, dipingere, scrivere performance e provare ma quando intravedo una possibilità di innovazione prendo in considerazione il discorso “direzione artistica”.

Nel caso specifico ho pensato che fosse interessante proporre di concerti il lunedì sera, giorno in cui non ci sono grandi proposte, con un orario pensato per le persone che il mattino si devono alzare presto per il lavoro. A questo punto per stuzzicare la curiosità ho ragionato su un programma jazzistico eterogeneo, che vada dal mainstream alla sperimentazione, in modo da poter raggiungere sia il giovane che il vecchio appassionato. I gruppi musicali sono eterogeni, diversi e spesso con ospiti internazionali. Il tutto è associato ad un luogo legato all’artigianato, nel caso specifico alla birra. Tutto questo è stato possibile grazie alla passione del titolare del Birrificio Torino.

Monica Carretta