John Scofield «Country For Old Men» Empoli Jazz Festival

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John Scofield Quartet a Empoli Jazz Festival - foto Simoni Pianigiani

15 marzo 2017, Teatro La Perla, Empoli

Evento di punta dell’ottava edizione di Empoli Jazz, manifestazione inserita nel circuito del Music Pool, il concerto del rinnovato quartetto di John Scofield ha proposto alcuni interessanti spunti di riflessione. Il recente album Impulse! «Country For Old Men» vede infatti il chitarrista impegnato in alcune rielaborazioni jazzistiche di brani attinti al repertorio country. Un’operazione sulla carta rischiosa, che induce un parallelo inevitabile con il Bill Frisell del celebrato quanto controverso «Nashville», pubblicato nel lontano 1997 e comunque basato in prevalenza su composizioni originali.

Va dunque considerato più che legittimo il tentativo di questi (ed altri) musicisti di esplorare altre aree della popular music americana, con l’evidente scopo di ampliare opportunamente il repertorio degli standards. Come il disco documenta, in «Country For Old Men» Scofield ha sostanzialmente rispettato l’essenza melodica dei materiali presi in considerazione, riarrangiandone i temi e soprattutto sviluppandone la struttura ritmico-armonica. In tal modo si evidenziano potenzialità nascoste, in primo luogo certi intimi legami con il blues.

John Scofield a Empoli Jazz Festival – foto Simoni Pianigiani

Rispetto al disco, al piano e all’organo Hammond Sullivan Fortner – dotato di un fraseggio senza fronzoli – è subentrato a Larry Goldings, mentre l’inimitabile basso elettrico di Steve Swallow è stato sostituito dal contrabbasso di Vicente Archer, provvisto di una cavata solida e di idee melodiche nelle sortite in solo. Inalterato invece il ruolo di batterista, affidato al vecchio sodale Bill Stewart, come sempre impeccabile per precisione nella scansione, swing incisivo e perfetto timing. Del resto, anche in questo contesto Scofield privilegia un groove generoso e un viscerale senso del blues, che si riflettono anche nel suo approccio allo strumento, dove certe inflessioni di B.B. King si sono integrate con elementi desunti da Pat Martino, Wes Montgomery e Jim Hall, producendo uno stile inconfondibile.

E il blues infatti trasuda – insieme ad alcuni echi gospel – da Bartender’s Blues, scritta da James Taylor e poi ripresa in ambito country da George Jones. Un analogo trattamento viene riservato a Mr. Fool, dello stesso Jones. Swing a profusione emana da Mama Tried di Merle Haggard e I’m So Lonely I Could Cry di Hank Williams (quest’ultima scandita su un serrato up tempo). Tra parentesi, riguardo a questi due brani è interessante notare come del primo esistano molte versioni, tra cui quelle di Percy Sledge e dei Grateful Dead, mentre del secondo vale la pena di menzionare quella di Cassandra Wilson su «New Moon Daughter».

John Scofield Quartet a Empoli Jazz Festival – foto Simoni Pianigiani

Autentiche sorprese scaturiscono poi da Jolene di Dolly Parton e dal tradizionale Wayfaring Stranger, del quale si contano innumerevoli interpretazioni (degne di menzione quelle di Johnny Cash, Neil Young e Charlie Haden). Entrambi provvisti di un impianto modale, il primo si articola su un suggestivo 6/8, mentre il secondo è contrassegnato da un ostinato. Inoltre, a conferma di certi saldi legami all’interno della musica popolare americana, in scaletta figurava l’approfondita rielaborazione di un brano non incluso nel disco: Don’t Fence Me In, cowboy song di Cole Porter portata al successo da Bing Crosby.

Da sottolineare, infine, che il concerto di Scofield si è svolto con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Significativamente, in teatro era esposta la chitarra Mare di Mezzo, costruita con materiali dei barconi giunti a Lampedusa.

Enzo Boddi

John Scofield a Empoli Jazz Festival – foto Simoni Pianigiani