Jazz Club Ferrara contro COVID-19: THE TOWER TAPES

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L’antidoto contro la segregazione diventa spendere al meglio il nostro tempo sospeso, nel trascorrere rallentato di un’eterna domenica pomeriggio, soltanto noiosa per i più fortunati, drammatica per tutti e, purtroppo, per alcuni di più. Scoperta d’improvviso la fragilità di un mondo che sembrava impossibile da abbattere, siamo costretti a riscoprire risorse, idee, spazi di libertà diversamente agiti, che consentano di sfuggire il confinamento e di pensare che non saremo costretti a un mondo nuovo, nel quale il paradigma del vivere sia il distanziamento sociale.

Ecco dunque che il viatico di The Tower Tapes (Alceste Ayroldi ve lo ha già descritto qui) si offre a mitigare il peso di questi giorni, venendo ad offrirci almeno il ricordo palpabile della dimensione del concerto, che appare quasi come un’evocazione sensoriale, una vertigine della memoria.

Dal ricco carniere del Torrione San Giovanni (nel quale alle dieci uscite originarie se ne sono aggiunte altre tre, che ricomprendono il quartetto di Miguel Zenón, la Enrico Rava Special Edition e Yamandu Costa), abbiamo scelto tre concerti che ci sono parsi più significativi, anche perché coinvolgono due artisti che a Ferrara sono largamente di casa, permettendo di recuperare un senso pieno alla parola vicinanza: Tim Berne, colto in una doppia esibizione (concerti del 3 novembre 2017, con Snakeoil, e del 1° febbraio 2020, con Broken Shadows) e Miguel Zenón, ripreso il 7 ottobre 2019.

All’epoca del concerto del 2017 Snakeoil (formazione con Oscar Noriega ai clarinetti, Matt Mitchell al pianoforte e Ches Smith alla batteria, oltre al leader al contralto, ovviamente) presentava l’album «Incidentals» (Ecm, 2017), ma in una dimensione prettamente acustica, giovevole alla musica, che seppure mantiene l’elevato grado di densità che caratterizza il gruppo, si scioglie maggiormente, superando la sensazione di stratificata complessità che più spesso l’accompagna e guadagnando di raziocinio e chiarezza, pur senza rinunciare alle imprevedibili giravolte tipiche del sassofonista di Syracuse, che rimane sempre mirabile organizzatore di un caos soltanto apparente.

E sempre Berne si ammira nel progetto di Broken Shadows (con Chris Speed al tenore, Reid Anderson al contrabbasso e Dave King alla batteria – ossia due formidabili terzi di The Bad Plus), per un quartetto che rende tributo ad Ornette Coleman e Julius Hemphill e lo fa con estrema intelligenza, sviluppando un percorso musicale inesorabile eppure pieno di passione, ove tutto è sempre nitido e messo a fuoco.

Chiude il quartetto con il quale Miguel Zenón ha presentato l’album dedicato al Sonero Mayor, «Sonero: The Music Of Ismael Rivera» (con Luis Perdomo al pianoforte, Matt Penman al contrabbasso – anziché Hans Glawischnig -, Henry Cole alla batteria, oltre ovviamente al contraltista portoricano): musica scattante che combina la grande tradizione africana americana e quelle regionali dell’America centro-meridionale, oggetto di una forte rivendicazione identitaria come frutto della medesima radice.

Per ognuno dei tre concerti sopra detti sono offerti due set (di durata superiore ai quaranta minuti). La qualità delle incisioni non è d’occasione, ma di altissimo livello, comparabile a quella di un disco dal vivo, che riesce a ricreare appieno l’ambiente e le sensazioni del club. Non ultimo, ogni concerto viene proposto con una formula del tipo «ascolta se vuoi, acquista se puoi», che permette anche di ascoltare la musica liberamente. Il ricavato è distribuito in parti eguali tra gli organizzatori, gli artisti e la Protezione civile. Tutte circostanze che, insieme all’estrema qualità artistica della musica proposta, rendono irrinunziabile l’offerta.

Cerini

The tower tapes