Intervista a Vittorio Barsotti, direttore artistico Lucca Jazz Donna

Ai nastri di partenza la quattordicesima edizione del festival jazz lucchese. Ne parliamo con il suo direttore artistico.

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Nel 2004 il Circola Lucca Jazz riprese vigore. Chi sono stati gli artefici di questa iniziativa e quali motivi vi hanno spinto a far rinascere questo sodalizio?
Lucca vanta una storia nella musica jazz, infatti la prima associazione lucchese fu l’Hot Club nel lontano 1947, dove un pianista Rudy Rabassini e altri fondarono un sodalizio di ascolto e di produzione di memorabili concerti in quegli anni. Dopo si sono susseguiti sempre circoli del jazz che hanno operato con grande capacità portando a Lucca molti vere e proprie perle del jazz americano (da Don Pullen, Lee Konitz, Max Roach ed altri). In questo contesto Lucca ha ospitato per vari anno Chet Baker contribuendo alla divulgazione del jazz tra i lucchesi.

Quest’anno si celebra la quattordicesima edizione di Lucca Jazz Donna. Quali sono i motivi che vi hanno portato a decidere di dedicare un festival alle donne del jazz?
L’idea di creare un festival originale e ben mirato venne a Giampiero Giusti, tra i nostri primi soci e già componente del famoso quartetto (i 4 di Lucca con anche Giovanni Tommaso, suo fratello Vito e Antonello Vannucchi). Con questo festival siamo riusciti veramente a creare le condizioni per un’effettiva parità di genere: le donne non sanno solo cantare bene, ma si sono dimostrate, in questa rassegna, valide e solide strumentiste, arrangiatrici e direttici di orchestra.

Parliamo di questa quattordicesima edizione. Chi sono le artiste in cartellone e quali sono le linee artistiche che ha seguito?
Prevalentemente puntiamo su giovani jazziste; la ribalta che offriamo è però condivisa, da qualche anno, con alcune case discografiche che ci propongono nomi nuovi ed interessanti e forniscono una valida mediazione artistica che ci permette di avere volti nuovi e jazz femminile fresco da proporre al pubblico. Certo, ci sono anche delle riproposte come Anais Drago, la violinista, ma il grosso è rappresentato da artiste che si vogliono mettere in gioco nel nostro festival. Le serate sono solo sei e non possiamo soddisfare tutte le richieste di partecipazione che ci pervengono, tant’è che ogni sera abbiamo tre set. Puntiamo molto sull’originalità e quest’anno avremo anche combinazioni diverse dal solito come un insolito concerto pianistico a quattro mani (Sarabande con Elettra Capecchi & Carlotta Forasassi). Avremo anche personaggi importanti come il grande Enrico Intra che accompagnerà Marcella Carboni e per finire Irene Grandi che chiuderà il festival. Le artiste presenti in quest’edizione sarebbero tutte da citare.

A suo avviso il mondo del jazz è androcentrico?
Non sono mai per le affermazioni categoriche, certo anche nel mondo della musica e nel jazz una sorta di questione femminile esiste. Ci sono delle resistenze che vanno superate ed insieme è utile realizzare la parità tra i sessi attraverso il riconoscimento dei meriti. Il nostro festival vuole semplicemente affermare proprio i meriti, il talento e le grandi professionalità che molte jazziste, italiane ed estere, sanno esprimere.

Applicate la formula dell’ingresso libero con un contributo volontario. Qual è la risposta del pubblico in tal senso?
Il nostro festival rappresenta un progetto di divulgazione del jazz che gli Enti istituzionali lucchesi (specie le Fondazioni bancarie cittadine – FCRL e FBML – insieme alla Provincia ed ai Comuni presenti: Lucca e Capannori) hanno fin dalla prima edizione sostenuto, quindi utilizziamo risorse che sono di tutti. Noi siamo un’associazione no profit di promozione sociale e per questo l’ingresso è libero; al contempo per sfatare il luogo comune che ciò che è gratis non vale, vogliamo che anche il pubblico si impegni a sostenere, nel contesto più generale, quelle associazioni che operano nel sociale e che debbono essere conosciute e sostenute: questa formula, che fa riflettere chi viene alle manifestazioni, di norma si rivela vincente e bene accetta.

Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nell’organizzare la manifestazione?
Purtroppo il tema delle risorse è quello più fragile…sempre meno si investe in cultura e sempre più si riduce la disponibilità dei mezzi per realizzare progetti artistici che abbiano quell‘alta qualità di spessore raffinato e di livello che giustifichi la realizzazione del Festival Noi cerchiamo soprattutto attraverso un’azione sinergica con il mondo della musica, con i soggetti interessati come sono le case discografiche di jazz di far fronte ai limiti dei bugdet. Inoltre altro aspetto importante sono i servizi e la politica della comunicazione che vengono poco supportati dalle amministrazioni pubbliche, che pur ci sostengono meritoriamente. Gli sponsor privati poi sono pochi e ricercano, in genere, aree culturali più commerciali e di massa che di nicchia com’è il jazz.

Nell’arco degli quattordici anni di manifestazione, ci saranno stati degli aneddoti da raccontare. Potrebbe dircene qualcuno?
Gli episodi particolari ce ne sono stati moltissimi; mi ricordo, per esempio, l’edizione del 2006 che aveva come ospite Tony Scott che protrasse la sua esibizione per più di un’ora con un pubblico delirante! E anche quando Ruth Jung, anch’essa ospite di una scorsa edizione del Festival, volle restare a Lucca ancora una settimana dopo la fine della manifestazione perché si era affezionata al nostro staff (tutto al femminile) e, quasi, non voleva più tornare in America, ma ce ne sarebbero altri e la lista è troppo lunga…

Quali sono le altre attività che svolge il Circolo Lucca Jazz da lei presieduto?
Il circolo, rifondato sulle basi del passato, opera prevalentemente con gli Enti pubblici curandone gli venti jazz.  Facciamo anche un piccolo ma significativo altro Festival estivo in un comune limitrofo a Lucca, Montecarlo, che si caratterizza per la produzione del vino lucchese. Questa rassegna (Montecarlo Jazz & Wine) è molto seguita sul territorio ed interessa le domeniche del luglio e dell’agosto di ogni anno. Oltre agli eventi curiamo la nostra archiviazione delle manifestazioni e,  ad oggi, abbiamo pubblicato due volumi uno sulla storia del jazz a Lucca e un  libro  di fotografie realizzato in coincidenza con il primo decennale del Festival LJD. Celebriamo ogni anno la giornata Unesco del jazz e ricordiamo le ricorrenze più importanti come si fece nel 2017 per i sessantenni del circolo o come nel 2014 per Chet Baker. Infine, abbiamo una piccola sede, attrezzata con vari strumenti, dove una volta alla settimana ci ritrovano e dove vari musicisti si incontrano per piccole jam sessions.

E gli obiettivi futuri del Circolo e del festival quali sono?
Vorremmo prima di tutto che la formula di Lucca jazz Donna si mantenesse ed acquistasse maggiore peso nel panorama jazzistico nazionale ed internazionale, magari se trovassimo un grande marchio che volesse abbinarsi a noi saremmo felici di far crescere anche così questa manifestazione, ormai conosciuta nel mondo del jazz e fuori. Per il resto dobbiamo continuare nell’opera di divulgazione di questo genere musicale, favorendo i giovani perché vi si avvicinino sempre ed in questo senso stiamo rafforzando il rapporto con le scuole di musica, già aperti da tempo. Comunque operare per   restare al servizio della musica e del territorio.

Cosa dovrebbe-potrebbe fare lo Stato per migliorare la situazione delle attività festivaliere, rassegne jazz italiane?
Se fosse più presente sarebbe meglio. Raccogliere le risorse disponibili dai vari Enti che gravitano nel mondo della musica e dello spettacolo, come la Siae, l’Imaie e altri. Inoltre favorire il live con incentivi, riduzioni sugli oneri indiretti, come appunto quello Siae, e aiutando le varie amministrazioni e anche i privati  che operano producendo eventi significativi, con incentivi e sgravi. Tutto, però, in un’ottica più snella e meno burocratica. Attraverso una selezione seria delle iniziative da sostenere, con i controlli sugli eventi ed infine tenendo conto davvero del giudizio degli artisti e delle artiste che li vivono.

I più o meno recenti sodalizi, da ultimo la Federazione nazionale Il jazz italiano, a suo avviso, contribuiscono a far crescere una «coscienza jazzistica» anche a livello istituzionale?
Certamente le aggregazioni sono sempre utili. Se non si burocratizza anche la Federazione nazionale del jazz può incidere positivamente nelle politiche per la valorizzazione del live, sulla divulgazione e sulla formazione del jazz italiano.

Dove i nostri lettori possono trovare maggiori informazioni su Lucca Jazz Donna?
Vi rimanderei al sito www.luccajazzdonna.it  inoltre abbiamo una pagina Facebook e cerchiamo di rispondere alle mail che ci arrivano (circololuccajazz@gmail.com. per concludere mi permetta di ringraziare il nostro staff al femminile: Anna, Ilaria, Michela, Alessandra, Laura e Sara!
Alceste Ayroldi