INTERVISTA AI CANADIAN BRASS

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In occasione dell’unica data italiana del tour europeo dei Canadian Brass che si terrà domenica 26 luglio a chiusura del Primiero Dolomiti Festival Brass, il festival dolomitico degli ottoni quest’anno giunto alla decima edizione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro.

I Canadian Brass sono il gruppo dei grandi record, come quello di essere la prima formazione di ottoni a salire sul palco della Carnegie Hall di New York e a compiere un tour per tutta la Cina; oppure l’aver raggiunto i due milioni di copie vendute dei loro album, un centinaio circa. E i tanti riconoscimenti che hanno ottenuto vanno dalla candidatura al Grammy ai vari Juno Award della musica canadese. I Canadian Brass si godono così gli oltre quattro decenni di carriera continuando a fare musica. A parlare del quintetto è il suo membro fondatore, Chuck Daellenbach, cui sono affidate non solo le linee musicali del basso tuba ma anche il mantenimento della filosofia dei Canadian Brass. Un repertorio senza confini per una sonorità divenuta riconoscibile grazie alla sua unicità.

Come è nata l’idea di questo tipo di formazione e da quali esperienze musicali arrivavano i membri originari?

Quando i Canadian Brass si formarono nel 1970, i componenti provenivano da esperienze variegate. Alcuni di noi lavoravano nelle orchestre, in complessi bandistici Da concerto, in orchestrine da ballo, fino alle marching bands, molto diffuse da noi. Da tutte quelle attività, che portarono conseguentemente a un grande numero di influenze individuali, come formazione avemmo a disposizione molte aree musicali da poter esplorare.

Quali sono in particolare gli strumenti suonati dal gruppo?

Siamo un quintetto di ottoni tradizionale: precisamente due trombe, corno, trombone e basso tuba.

Partendo dall’inizio, quale tipo di musica i Canadian Brass hanno ritenuto più adatto al loro suono?

Mi rifaccio in parte alla prima risposta. Proprio perché venivamo da varie esperienze abbiamo pensato dal primo momento che ogni tipo di stile musicale fosse potenzialmente quello giusto per la formazione. Quindi potevamo spaziare dappertutto, dalla musica rinascimentale al barocco fino alla musica del nostro tempo: il jazz prima di tutto ma anche la dance music.

Il vostro successo giunse in breve tempo? E al di là del vostro Paese, che vi ha messo tra i simboli nazionali per la musica, dov’è che le vostre sonorità hanno conquistato il pubblico?

Devo sottolineare che i Canadian Brass hanno avuto la grande fortuna di crescere musicalmente nel passaggio dall’era del long playing a quella del cd. Tra le varie incisioni e partecipazioni a programmi radio, abbiamo infatti avuto la possibilità di essere conosciuti in breve tempo in tutto il Nord America ancora prima di intraprendere tour importanti con molte date. Niente è stato così fondamentale nella nostra carriera come le apparizioni televisive e i passaggi radiofonici.

A proposito di incisioni, avete una discografia molto ampia. Come scegliete il repertorio per ogni album?

Semplicemente seguiamo i nostri gusti e interessi musicali. Sono tanti e variegati, come dicevo, anche se di alcuni repertori siamo tutti appassionati in modo particolare. Di conseguenza abbiamo inciso molti album dedicati al grande catalogo di Johann Sebastian Bach, alle canzoni di Natale e ovviamente al jazz.

Su questo punto specifico quali tra gli stili jazzistici sono più adatti alla formazione?

Devo fare una premessa: gli ottoni sono forse gli strumenti più adatti alla nostra epoca, dominata dall’elettronica, perché hanno un timbro riconoscibile. Il loro suono è ben evidente nelle registrazioni, così come nelle grandi sale e nelle arene, e può competere tranquillamente con l’elettronica e i suoi effetti. In vari concerti e registrazioni aggiungiamo spesso il pianoforte, il contrabbasso e la batteria, per un jazz che definirei tradizionale nella proposta.

Veniamo agli arrangiamenti, dato che molti brani sono rielaborati per quintetto d’ottoni. Il compito è abitualmente affidato a un singolo musicista della formazione o c’è un dibattito tra tutti voi?

Per fare le cose ad alto livello abbiamo sempre cercato i migliori compositori e arrangiatori in circolazione, tra cui veri e propri giganti come Luther Henderson e Michael Kamen ma mi piace citare anche nostri componenti quali Fred Mills, Chris Coletti e Caleb Hudson.

Il Canada contiene molte realtà interessanti e molti vostri dischi godono di patrocini o interventi diretti nella realizzazione. In quale modo aiutano la musica e i musicisti il governo canadese e i singoli stati che lo compongono?

Parlo per la nostra esperienza: i Canadian Brass non ricevono sussidi diretti dal governo ma negli anni vari progetti hanno aiutato in modo importante la nostra carriera. Per molto tempo i governi dei vari stati hanno fatto in modo che le singole organizzazioni dedicate alla diffusione della musica potessero organizzare concerti, compresi quindi anche i nostri. Inoltre il Canada Council aveva avviato un programma di commissioni di composizioni originali, valorizzando così gli autori del nostro Paese. Questo ha fatto in modo che negli anni fossero scritti per il nostro quintetto di ottoni oltre settanta brani di ottimo livello. Le sovvenzioni in quei casi sono andate interamente ai compositori.

Veniamo all’oggi: come avete scelto il programma per il tour europeo?

Abbiamo selezionato un programma che contenesse il meglio dei Canadian Brass: un misto tra il repertorio che ci ha resi famosi e i lavori innovativi che si trovano nelle nostre nuove incisioni.

Michele Manzotti

Per quanto riguarda l’unica data italiana, ecco le info: prezzo biglietti  € 20,00 intero (posti non numerati) 

 info@scuolamusicaleprimiero.it o telefonando allo 0439.64943

www.primierodolomitifestival.it