Il viaggio continua: intervista a Matteo Bortone (2/2)

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La seconda parte dell’intervista con Matteo Bortone, in Italia per costruire i suoi nuovi progetti. [leggi qui la prima parte dell’intervista a Matteo Bortone]

Ora, invece, sei tornato in Italia. Trovi che la situazione del jazz sia cambiata?
L’Italia sta sicuramente vivendo un periodo difficile dal punto di vista culturale. I soldi  non ci sono (o almeno così si dice) e i luoghi per suonare sono pochi ma, allo stesso tempo, credo ci sia una forte schiera di giovani musicisti fortissimi e che propongono una musica originale e fresca. Sono sicuro che le cose si sbloccheranno a breve ma c’è bisogno di più “collettività” e più interesse verso i concerti e la musica live. Roma non sta vivendo una situazione facile, soprattutto dopo l’esperienza recente della Casa del Jazz ma, allo stesso tempo, c’è molto fermento soprattutto in seguito alla costituzione dell’Associazione dei Musicisti di Jazz (Mid-J) che spero possa aiutare a risolvere i numerosi problemi presenti.

Pensi di fermarti in Italia o è solo una tappa intermedia? Qual è il tuo obiettivo «geografico»?
Per ora mi trovo molto bene a Roma ma non si può mai sapere cosà succederà in futuro.

Qual è la storia di Matteo Bortone compositore e contrabbassista?
Quello che sin da subito mi ha affascinato del contrabbasso è stato il rapporto “fisico” con lo strumento, il fatto di dover produrre il suono «naturalmente», in acustico rispetto invece al basso elettrico. Anche se studio la tecnica dello strumento, sono convinto che quello che succede in concerto non ha niente a che vedere con tutto ciò. C’è una forte dose di telepatia e di magia, soprattutto nel jazz, che non si può spiegare, che dipende dai musicisti con cui condividi il momento e dall’ascolto reciproco. Mi piace questo lato misterioso della musica perché essendo soggettivo ma anche condiviso, la rende ogni volta imprevedibile. Ognuno sale on stage con la propria storia e i propri pensieri ma è quello che si costruisce collettivamente che viene trasmesso. Personalmente quando suono provo a dimenticarmi di tutto, concentrandomi ad ascoltare gli altri; quello che conta è il momento presente e come si reagisce/interagisce con gli altri mettendosi al servizio della musica.

Il videoclip del brano Nolan è sorprendente: un treno che viaggia. E non un viaggio in treno, almeno così appare. Sei un grande viaggiatore?
Il viaggio mi affascina da sempre. Uno dei miei primi ricordi è un viaggio e ho una curiosità sfrenata di conoscere ed esplorare. Il disco «Travelers» è stato scritto tra Parigi, Roma e Otranto e molti brani che scrivo sono concepiti in seguito ad un viaggio o ispirati da posti che ho avuto la fortuna di visitare.

Quanto ha influito il tuo peregrinare sulla tua musica?
Tantissimo. Essendo una delle cose che amo maggiormente, credo che l’influenza del viaggio nella mia musica sia inevitabile.

Ora, fai parte stabilmente del trio di Alessandro Lanzoni con Enrico Morello. Cosa vi accomuna?
Con Alessandro ed Enrico c’è stato un feeling immediato nelle aule di Siena Jazz nel 2011 e quello credo sia stato un ottimo punto di partenza. Da li in poi, abbiamo cercato di portare avanti un discorso musicale studiando tanto insieme e la musica si è evoluta moltissimo anche grazie ai numerosi concerti. A fine anno uscirà il secondo disco che, a mio parere, cambia sensibilmente direzione rispetto al primo. Personalmente, suonare insieme alle stesse persone per tanto tempo è un’esperienza straordinaria perché ti permette di raggiungere un livello di fiducia reciproca che stimola una maggiore volontà di prendere rischi ed esplorare sempre nuove possibilità.

Con chi vorresti collaborare?
Ci sono tanti musicisti che ammiro e con i quali desidero suonare perché li sento affini al mio mondo musicale e spero di continuare a collaborare anche con la Francia.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Il secondo disco con i Travelers in primis, però sto anche pensando ad una nuova formazione, forse un piano trio ma per ora non voglio svelare qualcosa di cui non sono ancora molto convinto. Mi piacerebbe molto riprendere a scrivere per grande formazione, non lo faccio dai tempi del conservatorio ma ci penso sempre. Continuo a suonare in qualche band in Francia e registrerò presto con il quartetto del sassofonista francese Julien Pontvianne, non solo un musicista straordinario ma anche un grande compositore. Poi altre situazioni che stanno nascendo qui a Roma con le quali andrò in studio a breve.

Alceste Ayroldi

[leggi anche: «Matteo Bortone: non temo il giudizio del pubblico»]