Gianluca Petrella Cosmic Renaissance: Piacenza Jazz Fest Reloaded

Sabato 19 settembre sul palco del teatro President di Piacenza, si è esibito il gruppo capitanato dal trombonista barese.

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Petrella e Franchetto

Gianluca Petrella ha inaugurato la nuova stagione del Piacenza Jazz Fest dopo la sospensione primaverile dovuta al Covid. L’organizzazione ha scelto di utilizzare il teatro ospitando gli spettatori a file alterne e organizzando gli eventi in due set. Questa pare una eccellente soluzione per salvaguardare la salute del pubblico e per invogliare gli artisti a quella concisione che spesso è invece trascurata.

La performance di Petrella è stata in linea alle attese, e il suo Cosmic Renaissance vanta oggi una formazione particolarmente idonea alle esigenze musicali che il leader vuole enunciare già dal nome che le ha attribuito.

Ne sono essenziali pilastri batteria e percussioni affidate rispettivamente a Federico Scettri (impegnato anche al laptop) e a Simone Padovani, il cui dialogo è stato l’inesauribile motore di questa locomotiva spaziale nel segno di un groove incalzante e ipnotico.

Federico Scettri alla batteria e laptop
Simone Padovani alle percussioni, con Scettri un drive esplosivo

Petrella ha aperto il concerto in solo con il sintetizzatore, con note lunghe dall’aspetto sferico ed ondeggiante, ad evocare quegli spazi siderali che furono la culla di Sun Ra, ma in realtà questa musica è profondamente debitrice al Miles Davis del primo periodo elettrico, quello di «In A Silent Way» e «Bitches Brew». In questo è stupenda la tromba di Mirko Rubegni, che sa stagliarsi sopra il magma sonoro con note lunghe, raffinatamente piegate, esili ed eteree, in massimo contrasto con i tempi accelerati dei due percussionisti, che paiono pervasi da un sacro fuoco e con il basso elettrico sensualmente groove di Blake Franchetto, interessante musicista ventottenne di origini  afroamericano-italiane e che ci pare destinato a un luminoso futuro.

Il Bassista Blake Franchetto

Quando la stridente e ipnotica dicotomia tra la purezza della tromba ed il tumulto di basso e percussioni giunge al suo apice entra Petrella col trombone per un effetto assolutamente esplosivo e debordante. La capacità di gestire la tensione è il cuore pulsante del trombonista e della sua musica. Il suono pare aggiungere una terza dimensione, dove colori e volumi si sprigionano liberi nel fitto dialogo i due fiati, che si alternano con intelligenza tra dialogo e frasi all’unisono.

Gianluca Petrella

Se Petrella ritorna al sintetizzatore è per fare un a capo, per ristabilire un climax e un ordine indispensabili a governare la propria astronave, dirigendola verso nuove avventure sonore. Questi preludi elettronici soffusi introducono in alcuni brani la tromba di Rubegni e in altri i riff ipnotici del basso, ma quasi sempre la parte del leone è ritagliata dagli assolo di trombone del leader. Va detto che Rubegni ha fornito una prova maiuscola abbinando alla purezza del suono acustico della propria tromba una serie di effetti elettronici tra delay ed echo in un risultato sonoro originale e straniante.

Mirko Rubegni alla tromba

Qualche momento un po’ disgiunto dal resto – come un paio di speeches di Franchetto – non ha certo penalizzato uno spettacolo per il resto convincente e che ha saputo infiammare il pubblico del Piacenza Jazz Festival.
Giancarlo Spezia
Foto di Angelo Bardini