Gamo International Festival: Fuga dal tragico

Il Gamo International Festival rende omaggio a Sylvia Plath e Cesare Pavese

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Un momento della rappresentazione di "Fuga dal tragico" - Foto di Andrea Politi

Firenze, MAD – Sala Ketty La Rocca

1 dicembre

Ex convento quattrocentesco di suore di clausura in seguito adibito a carcere, il complesso delle Murate è stato completamente riqualificato dal Comune di Firenze a partire dal 2001 e trasformato in un centro multifunzionale – comprendente anche alloggi di edilizia popolare – e in un polo culturale della città. Il Murate Art District è uno spazio a vocazione interdisciplinare destinato a varie iniziative. Il MAD ha ospitato il GAMO International Festival, sezione della 42esima stagione concertistica dell’omonima associazione (Gruppo Aperto Musica Oggi) fondata nel 1980 da Giancarlo Cardini, Albert Mayr, Liliana Poli, Vincenzo Saldarelli e Massimo De Bernart con lo scopo di promuovere le avanguardie contemporanee.

Tra gli eventi inseriti nella programmazione curata dal direttore artistico, il fisarmonicista Francesco Gesualdi, Fuga dal tragico ben rappresenta il dialogo tra differenti espressioni artistiche. Nato da un’idea di Paolo Carradori, che ha selezionato brani dai diari di Cesare Pavese e Sylvia Plath, il progetto – presentato a Firenze in prima assoluta – gode della collaborazione con il Teatro Arsenale di Milano, dove verrà rappresentato prossimamente. Dalla compagnia dell’Arsenale provengono gli attori (qui nel ruolo di voci recitanti) Lorena Nocera e Giovanni Di Piano, nonché la regista Marina Spreafico che del teatro milanese è anche direttrice.

Lorena Nocera e Giovanni Di Piano – foto di Andrea Politi

Il valore aggiunto dell’operazione è la presenza di quattro musicisti tanto a loro agio sul terreno dell’improvvisazione, quanto adusi a frequentazioni classico-contemporanee: Giancarlo Schiaffini (trombone), Sergio Armaroli (vibrafono e percussioni), Walter Prati (violoncello) e Francesca Gemmo (piano). Per loro la sfida consisteva nell’affrontare una (non)partitura essenzialmente formata dai testi e contrassegnata dai punti in cui intervenire con inserti di improvvisazione – o composizione estemporanea che dir si voglia – e con una tempistica meticolosamente studiata.

Ne è scaturita una narrazione coerente, senza squilibri né cali di tensione, in cui un recitativo fitto, concitato e conforme alle dolorose vicende umane di Plath e Pavese – ma anche denso di accenti sfumati e amaramente ironici – si intrecciava e si integrava con la gamma timbrica e dinamica fornita dal quartetto. In questo contesto l’alternanza e il dialogo tra le voci si rispecchia e trova una sorta di alter ego nella sequenza degli interventi strumentali: solo, duo, quartetto in una dialettica costante, misurata e ricca di colori.

Giancarlo Schiaffini e Francesca Gemmo – Foto di Andrea Politi

Colori e nuances, sfumature, si possono appunto definire quelli prodotti da Schiaffini con il frequente uso della sordina e il parsimonioso sviluppo di cellule. Pillole di saggezza derivanti dal patrimonio di esperienze accumulate sia a contatto con le avanguardie jazzistiche europee che nelle collaborazioni con Berio, Nono e Scelsi. Suo complice in alcune recenti produzioni (si ascolti ad esempio «Deconstructing Monk in Africa»), Armaroli è un musicista di formazione classica progressivamente avvicinatosi all’improvvisazione di matrice jazzistica. Come vibrafonista persegue un pensiero più affine a quello dei tedeschi Karl Berger e Gunter Hampel. Ricava poi una tavolozza timbrica variegata e funzionale dal set di percussioni, in cui figurano anche il talking drum (o tama in lingua Wolof), il tamburo a clessidra tipico dell’Africa occidentale, e due pupazzetti con rullante, caricati a batteria. Uno stratagemma scenico caro a Giuseppe Chiari e altri esponenti del movimento Fluxus. Specialista di musica elettronica e anche bassista, Prati – che vanta anche collaborazioni con improvvisatori radicali come Evan Parker e Paul Lytton – sfrutta le risorse del suo violoncello elettrico con certosina misura per produrre bordoni avvolgenti, pizzicato spartani e arcate sferzanti. Gemmo contribuisce al disegno complessivo con sussulti ritmici, scarni nuclei melodici e fugaci richiami alla tradizione classica.

Sergio Armaroli e Walter Prati – Foto di Andrea Politi

Una necessaria citazione la meritano poi gli interpreti Nocera e Di Piano per una recitazione incisiva e intessuta di toni drammatici, ma quasi mai sopra le righe. Infine, un plauso va alla regista Spreafico per aver saputo abilmente integrare in uno spettacolo godibile azione scenica, gestualità e procedimento creativo dei musicisti.

 

Enzo Boddi