Fano Jazz By The Sea 2021. Abbracciare la città e oltre

Un festival ecosostenibile, dall'impostazione green, che ha riservato splendide sorprese.

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Jazz Village (foto Andrea Rotli)

C’era una volta un festival che colorava di note una piccola cittadina di mare. Dalle strade, dalle chiese, dalle spiagge e perfino dai balconi, si udiva una musica meticciata, dal nome sibilante, che incantava gli abitanti e, come transistor, veicolava messaggi di tolleranza e inclusione, oltre a smuovere le coscienze verso una sempre maggiore consapevolezza ecologica.
Oops, facciamo un passo indietro. Non siamo inciampati in un romanzo di Aldous Huxley, questo festival esiste eccome! Si chiama Fano Jazz By The Sea ed è giunto oggi, nel «secondo anno dell’era Covid», alla sua ventinovesima edizione. Musica Jazz si è immersa nell’iconica kermesse per tre intense giornate. A voi il nostro diario di bordo.

P-Funking Band (foto Erika Belfiore)

Sabato 24 luglio. Nel tardo pomeriggio, sulle orme della swingante e colorata P-Funking Band, siamo giunti al Jazz Village antistante la Rocca Malatestiana, tornato a (ri)vivere dopo un anno di sospensione causata dall’emergenza pandemica. Luogo imprescindibile del festival, fulcro del progetto Green Jazz, attraverso cui FJBTS ha sposato la causa della sostenibilità e dell’ecologia, facendosi interprete della valorizzazione, promozione e diffusione del patrimonio artistico-culturale, ambientale, paesaggistico ed enogastronomico in chiave sostenibile, con l’adozione dei cosiddetti CAM, Criteri Ambientali Minimi. Un piccolo esempio: palcoscenici, tavoli, sedute, bicchieri e stoviglie per la ristorazione realizzati con materiale ecocompatibile e/o riciclato, illuminazione a LED, raccolta differenziata, mobilità sostenibile, ecc.

Sophia Tomelleri Quartet (foto AndreaRotili)

Sede della sezione Young Stage, volta alla presentazione di nuovi progetti e alla valorizzazione di giovani musicisti italiani, al Village abbiamo ascoltato il live del quartetto guidato dalla sassofonista Sophia Tomelleri, vincitrice del Premio Internazionale Massimo Urbani 2020 e del Premio Nuovo IMAIE. Completato da Simone Daclon al pianoforte, Alex Orciari al contrabbasso e Pasquale Fiore alla batteria, il gruppo ha aperto il concerto con Ballad For G, composizione della Tomelleri in omaggio al batterista Gianni Cazzola, per poi proseguire con una serie di originali che costituiscono il materiale di «These Things You Left Me», album fresco di stampa, da cui emergono preparazione tecnica e consapevolezza del linguaggio, oltre alla voce personale del sax della giovane leader.
Tra le antiche mura difensive della Rocca, protagonista dell’appuntamento serale – sezione Main Stage – è stato il pianista e compositore di origine armena Tigran Hamasyan che ha letteralmente stregato un pubblico giovane, numeroso e in totale visibilio, concedendo un secondo bis seguito da una standing ovation.

Tigran Hamasyan (foto Andrea Rotili)

In trio con Evan Marien al basso elettrico e Arthur Hnatek alla batteria, Hamasyan ha eseguito brani tratti dall’album The Call Within, alternati a composizioni più datate. Nella sua musica, intimista e corroborante al contempo, caratterizzata da guizzi timbrici, ossessivi cluster a cui si aggiunge l’uso della voce come un mantra che accompagna la melodia, cellule della tradizione musicale armena e pagine di musica euro-colta intraprendono un processo di fusione e deflagrazione totalmente originale che sancisce la firma, quantomeno, di questo momento creativo, dell’artista.

Nils Petter Molvaer (foto Andrea Rotili)

Anche nel corso della serata successiva, quella di domenica 25 luglio, abbiamo assistito ad un doppio bis corollato da un’ovazione, quando a catturare il pubblico della Rocca è stata la visionaria suite eseguita da uno dei padri del Nu Jazz, il trombettista norvegese Nils Petter Molvær, tornato a Fano Jazz By The Sea dopo diciassette anni di assenza, un’occasione decisamente ghiotta per gli amanti del genere. Coadiuvato da due straordinari compagni di viaggio quali Jo Berger Myhre al basso elettrico e Erland Dahlen alla batteria, Molvaer ci ha condotto in un autentico viaggio sonoro sospeso nel tempo e nello spazio, una sorta di meditazione densa di suggestioni che hanno preso vita ora dal suono della tromba, talvolta «sussurrata» al contrario con un filo di fiato come se fosse una conchiglia, ora da tutta una serie di effetti che l’artista manipola con piglio alchemico.

Don Karate (foto Andrea Rotili)

Procedendo à rebours in questa giornata che potremmo definire mistica, hanno anticipato il live di Molvaer le ipnotiche traiettorie sonore di Don Karate, trio capitanato dall’eclettico batterista e compositore toscano Stefano Tamborrino (che Musica Jazz tiene d’occhio già da un po’…) completato da Pasquale Mirra al vibrafono e Francesco Ponticelli al basso elettrico.

Enzo Favata (Andrea Rotili)

Infine, diverse ore prima, all’anfiteatro Rastatt, la suggestiva performance in solo del sassofonista sardo Enzo Favata, ha accompagnato il sorgere del sole – e il nostro risveglio – avvolgendoci con ritmi e melodie ancestrali, una sorta di eco proveniente dalla sua terra d’origine, duramente provata in questi giorni da incendi devastanti che hanno causato danni ambientali irreparabili, paradigmatico il rogo dell’olivastro millenario di Cuglieri.

Yoga & Jazz – Costanza De Sactis e Peppe Consolmagno (foto Andrea Rotili)

Avremmo potuto amplificare quella sorta di comunione con l’universo partecipando alla lezione di Yoga & Jazz curata sapientemente da Costanza De Sanctis e Peppe Consolmagno, perché a FJBTS è possibile anche questo, ma non siamo arrivati in tempo. Vi promettiamo di rimediare il prossimo anno.

Machine Head 5et (foto Andrea Rotili)

Preludio del concerto serale di lunedì 26 luglio, nostro ultimo giorno di permanenza, è stato il Machine Head 5et la cui sezione ritmica, formata da Nico Tangherlini alle tastiere, Roberto Gazzani al basso e Andrea Morandi alla batteria, ha ben sostenuto le scorribande sonore di Marco Postacchini e Massimo Morganti, rispettivamente al sassofono e trombone, nella presentazione di Runaway, secondo episodio discografico del gruppo.

Giovanni Guidi Ojos de Gato (foto Andrea Rotili)

Fano ha inoltre rappresentato la penultima tappa del tour di Ojos de Gato, omaggio di Giovanni Guidi a Gato Barbieri, per il quale ha assemblato un sestetto italo-statunitense completato da Brandon Lopez al contrabbasso, Chad Taylor alla batteria, Simone Padovani alle percussioni, James Brandon Lewis al sax tenore e Gianluca Petrella al trombone. Quella del pianista folignate sul main stage del festival si può definire una performance «a cuore aperto». Fin dall’attacco un travolgente ritmo ha posseduto il palco, toccando spesso l’apice negli avventurosi inseguimenti dei fiati, per poi mescolarsi a momenti di autentico lirismo che Guidi ha assemblato e sfilacciato, lanciando segnali captati dal resto del suo equipaggio. Oltre a suonare Guidi si è raccontato, visibilmente emozionato, e l’omaggio a Barbieri è scivolato quasi in secondo piano quando ha spiegato al pubblico che Ojos de Gato è un progetto lungamente pensato insieme al padre (scomparso di recente) e ispirato dall’album «The Third World» del 1969. Ciò che aveva rapito padre e figlio non era stata tanto la musica quanto l’incredibile formazione che accompagnava allora il sassofonista argentino. Nel live sono ritornate infine le immancabili note, manipolate di volta in volta in modi sempre diversi, del brano di Mongezi Feza, You Ain’t Gonna Know Me ‘Cos You Think You Know Me, una sorta di manifesto adottato dal pianista che da tempo ormai diffonde un messaggio chiaro insieme alla sua musica, fatto di valori quali tolleranza, integrazione e rispetto per i diritti umani. Guidi conclude affermando: «Ci vorrebbero cento Fano Jazz in Italia», proprio perché divulga gli stessi valori insieme a quello della sostenibilità ambientale e dedica, dal 2016, un’intera sezione del festival al tema delle migrazioni.

Exodus Martin Mayes (Andrea Rotili)

Si tratta di Exodus, che ha preso il via il 27 luglio per proseguire fino alla fine della kermesse: un importante momento di riflessione, non solo sonora, su una delle problematiche cruciali della società occidentale, che ha visto alternarsi nella suggestiva cornice della Chiesa di San Francesco artisti quali Filippo Vignato, Eloisa Manera e Javier Girotto tra gli altri.

Jazz For Kids Campus Musicale (Andrea Rotili)

Fano Jazz By The Sea 2021 continua per tutto questo fine settimana a lanciare forte il proprio messaggio non solo con le sezioni succitate, i concerti di punta seguiti ogni sera dai live set di Cosmic Journey, gli appuntamenti in centro storico e sul lungomare di Live In The City e tutte le attività di Jazz For Kids (dai concerti per bebè, ai laboratori ritmici…), ma approda nell’entroterra – domenica 1 agosto – alla Golena del Furlo per dare il via, con l’energia debordante dei Funk Off di Dario Cecchini, alla rassegna Terre Sonore (1-29 agosto): un viaggio dalle spiagge alle montagne, fra colline, borghi antichi, sentieri naturalisti e monasteri della provincia. Ogni appuntamento musicale sarà condiviso con le comunità locali e prevede l’abbinamento a momenti conviviali tesi alla valorizzazione di prodotti enogastronomici tipici, oltre che a iniziative espositive che faranno scoprire dimore storiche e a visite guidate nei borghi antichi, nei teatri storici, nei castelli, molti dei quali tutelati dall’Unesco.
Fano Jazz By The Sea è un lungo e forte abbraccio alla città e oltre, cosa di cui abbiamo bisogno ora più che mai.
Eleonora Sole Travagli