Fano Jazz By The Sea 2020: ecologia della musica, spiccato spirito di adattamento e (buon)senso civico

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Fano Jazz By The Sea 2020: ecologia della musica, spiccato spirito di adattamento e (buon)senso civico

A questa estate anomala di semilibertà, scandita dalle necessarie norme di sicurezza per contrastare Covid 19, Fano Jazz By The Sea è tra i festival italiani che non gettano la spugna, rispondendo con una XXVIII edizione che incarna lemmi come “città e resilienza”, oltre ad abbracciare una vocazione sempre più green.

Di fatto, ancor prima di analizzare la fattibilità della manifestazione, il direttore artistico Adriano Pedini ha tentato di dare risposta a questioni etiche quali la fattiva utilità di un festival jazz in questo difficile momento storico ed i benefici che ne poteva trarre la comunità tutta. E proprio nella naturale attitudine del jazz “di attraversare periodi storici anche traumatici, nutrendosi della complessità per generare bellezza”, Pedini ha trovato la risposta, dando vita ad un evento che è “parte attiva di una Città che vuole tornare a vivere e ripristinare un clima di positiva convivenza sociale, culturale, economica”.

Fabrizio Bosso – Luciano Biondini (foto Andrea Rotili)

Ecco allora i numeri di Fano Jazz By The Sea 2020: 8 giorni di musica per 31 concerti (di cui 23 gratuiti), con 140 musicisti coinvolti. Confermate anche le sezioni principali del festival, ovvero i concerti serali alla Rocca Malatestiana, gli appuntamenti dedicati al tema della migrazione alla Pinacoteca di San Domenico e le presentazioni di nuovi progetti alla suggestiva ex Chiesa di San Francesco. Il tutto coadiuvato da ‘Live in the City’, la nuova serie di concerti-aperitivo nei locali del lungomare e da ‘Cosmic Journey’, il palcoscenico di Fano Jazz dedicato alla sperimentazione e all’elettronica.

Una vetrina del miglior jazz italiano quindi, tra nomi consolidati e giovani talenti, ma non solo… Musica Jazz ha seguito tre giornate del festival – dal 28 al 30 luglio – immergendosi in un mare di note e tra le bellezze artistiche e architettoniche di una cittadina che, con la sua accoglienza e vivibilità, si conferma un autentico omaggio al bon vivre anche al tempo del coronavirus.

Marco Colonna (foto Mirko Silvestrini)

La Pinacoteca di San Domenico (che ospita tra altre pregevoli opere lo “Sposalizio della Vergine” del Guercino), dotata di una particolare resa del suono, ha rappresentato la quinta ideale di tre interessanti progetti, rigorosamente acustici e in solo. Una triade di viaggi interiori ispirati da una delle problematiche più spinose del nostro tempo, quella dei migranti. Del ciclo “Exodus – Gli echi della migrazione”, in compagnia del sassofonista e compositore di origini russe Dimitri Grechi Espinoza, abbiamo così intrapreso sentieri sonori articolati da brani più e meno recenti del progetto “Oreb” che, avvalendosi del suono puro e del riverbero naturale, accompagna musicalmente il fruitore alla scoperta della propria spiritualità. Ci siamo lasciati trasportare dalla toccante suite per violino e voce – ideata per l’occasione – della giovane musicista e compositrice Anais Drago che, partendo da Satie, ha assemblato una serie di brani atti a raccontare i sentimenti (la paura, l’aspettativa, l’attesa, eccetera) di coloro che intraprendono senza certezza alcuna questi viaggi della speranza. Rapinoso infine il solo per clarinetto basso del polistrumentista e compositore capitolino Marco Colonna che di recente ha pubblicato “Fili”, tributo alla poetica dell’artista Maria Lai. Respirazione circolare, i tasti dello strumento a fiato che si rivelano “strumento nello strumento”, l’utilizzo contemporaneo di più fiati. Descrivere a parole la musica di Colonna è difficile: e meno male, ci piace affermare. Profonda e intensa, mai banale anche nelle rivisitazioni (toccante quella di Gracias a la vida di cui ci ha fatto dono in occasione del concerto fanese), coadiuvata da estrema perizia tecnica, può piacere o meno, ma il suono che la contraddistingue è riconoscibile da qualunque altro.

Elias Lapia Trio (foto Andrea Rotili)

Poderoso e genuino il jazz di un veterano del sax qual è Stefano Bedetti e dell’astro nascente Elias Lapìa, rispettivamente in quartetto e in trio sul palco della suggestiva ex Chiesa di San Francesco che, nei primi anni ’30 del Novecento, fu proposta come palestra per l’Opera Nazionale Balilla e il cui sottoportico ospita le tombe dei Malatesta. Per contrappunto, risulta di difficile etichettatura il poetico duo O-Janà formato dalle carismatiche Alessandra Bossa (pianoforte) e Ludovica Manzo (voce) che, coadiuvate da svariate diavolerie elettroniche, hanno il dono di trasformare il più insignificante dei garage in un loft. Per il loro primo concerto post-lockdown, hanno dato vita a un set ricco di suggestioni, tra scenari nordici e atmosfere lynchiane proponendo svariati brani tratti dal loro ultimo progetto ‘Inland Images’.

Gianluca Petrella Cosmic Renaissance (foto Andrea Rotili)

Letteralmente in fiamme il palco principale del festival fanese, quello allestito all’inespugnabile Rocca Malatestiana, con la performance della Cosmic Renaissance guidata dal trombonista Gianluca Petrella, impegnato in un accattivante dialogo con la tromba di Mirco Rubegni, suo primus inter pares, e a dirigere con disinvoltura – trombone alla mano, o elettronica che sia – il resto di una band affiatatissima, per un’ora e trenta di serrato groove, funky e sonorità africane trascinanti. Lo scatenato leader pare aver più che introiettato la filosofia cosmica di Sun Ra, cui questo progetto si ispira dichiaratamente.

Di scena la sera seguente ‘Face To Face’, duo formato dal trombettista Fabrizio Bosso e dal fisarmonicista Luciano Biondini, il cui interplay nutrito da una forte complicità e attenzione reciproche suggella un sodalizio pluridecennale che ha tutta l’intenzione di proseguire ancora a lungo. Dal futuro ancora incerto, invece, il duo formato da Michael League, fondatore degli Snarky Puppy, e dal pianista (membro della stessa band) Bill Laurance. Di fatto, questo progetto è nato proprio durante il lockdown e il concerto fanese è stato il terzo di questo loro tour estivo. Legati da un’amicizia che dura da oltre quindici anni, sul palco della Rocca Malatestiana Laurance e League hanno riscoperto una libertà espressiva di cui non possono godere, per ovvi motivi, insieme agli Snarky e hanno restituito una versione più intimista di alcuni brani dell’osannata band (Flood, The Curtain), alternata a loro originali e a rivisitazioni di brani amati come Question And Answer di Pat Metheny.

Michael League – Bill Laurance (foto Andrea Rotili)

In quello che può apparire il classico tourbillon festivaliero, questa edizione di Fano Jazz By The Sea si è sempre concessa il tempo di “respirare”, ora accompagnando il sorgere del sole con la performance in solo del pianista Simone Graziano, ora praticando yoga al suono di particolari strumenti sapientemente manipolati da Peppe Consolmagno, e ancora rinforzando la propria vocazione di festival ecologico con la presentazione di Cricket PE30, primo mezzo 100% made in Italy, completamente elettrico e dotato di un allestimento professionale per la diffusione del suono. Ad inaugurarlo, tra le vie del centro storico, JBeat & Marinelli.

Non ci resta quindi che augurare il meglio all’organizzazione, spronando l’amministrazione cittadina a continuare a credere in questa importante manifestazione. Per noi di Musica Jazz, Fano Jazz By The Sea 2020 è decisamente SÌ!