
Firenze, Pinocchio Jazz
8 febbraio 2020
Diretto dal violoncellista Erik Friedlander, il quartetto Throw A Glass (da annoverare senz’altro tra gli eventi di punta della XXVI stagione di Pinocchio Jazz) è una formazione affiatatissima, costituita da musicisti di straordinario spessore, tra l’altro accomunati da frequentazioni in altri contesti: Uri Caine (piano), Mark Helias (contrabbasso) e Ches Smith (batteria). Che si trattasse di un’occasione da non perdere lo dimostrava anche la massiccia presenza di pubblico, in cui figuravano anche musicisti e operatori del settore. Le aspettative non sono andate deluse, tutt’altro.
La sfaccettata poetica del Friedlander compositore – qui documentata in buona parte dal repertorio di «Artemisia» (Skipstone) – si traduce in strutture variegate, a tratti multi-tematiche, modulari, più spesso ancora polimetriche, che prevedono dunque cambi di marcia e di atmosfera. La scrittura di Friedlander è densa e meticolosa, al tempo stesso fluida e articolata, e dà vita a esecuzioni rigorose, innervate da fluide e misurate improvvisazioni sempre alimentate dalla coesione e dall’implacabile precisione del quartetto. Vi trovano degna collocazione capaci impianti modali, spesso basati su ostinato e/o pedali; concatenazioni di tempi dispari, non di rado sviluppate su up tempo indiavolati; misurati passaggi informali; progressioni swinganti scandite dal poderoso walking di Helias; anche costruzioni melodiche che riecheggiano motivi popolari cari al violoncellista.

Dotato di un attacco e di un suono nitidi anche nei passaggi più ardui eseguiti con l’arco, Friedlander fa un uso espressivo e ricco di valenze melodiche con il pizzicato. Mette poi queste doti al servizio di due omaggi a uno dei suoi modelli, il contrabbassista Oscar Pettiford, fra i primissimi a impiegare magistralmente il violoncello nel jazz. Ne sono efficaci esempi due pezzi attinti al repertorio dello stesso Pettiford: Cello Again, con lo splendido gioco di corde intessuto insieme a Helias, e Oscalypso, con la contagiosa pulsazione ricca di aromi caraibici.

Autentico motore del quartetto, Helias esibisce il proverbiale suono poderoso ma fluido e avvolgente al tempo stesso, sostenuto da una cavata profonda e da un plastico fraseggio. Impressionante, anche per l’asciutto senso melodico, la sua introduzione solistica a The Great Revelation. Smith sembra suonare quasi in souplesse con grande varietà di approcci stilistici, riuscendo a stabilire una stupefacente interdipendenza fra le componenti della batteria. Utilizza una gamma dinamica ampia e calibrata producendo figurazioni sempre cangianti. Caine si integra in punta di piedi nei collettivi, economizzando i suoi interventi, sia che ornamenti le parti più aderenti alla tradizione o che compia rapide incursioni nelle porzioni più libere con volate e clusters.

I due bis aggiuntivi, invocati a gran voce dal pubblico entusiasta e offerti da Friedlander in solitudine con un magistrale uso del pizzicato, hanno ribadito la complessa identità del violoncellista: il solido retroterra classico, il saldo legame con la tradizione jazzistica e con le avanguardie, l’amore per le radici popolari. Un interprete genuino della musica americana contemporanea, intesa in senso lato.
Enzo Boddi