Enrico Rava & Fred Hersch, un terreno comune

Ovvero: come reinterpretare la tradizione

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Fred Hersch ed Enrico Rava, foto di Pino Ninfa

Castelfiorentino, Teatro del Popolo

16 novembre

Organizzato da Empoli Jazz in collaborazione con Fondazione Teatro del Popolo di Castelfiorentino, il concerto di Enrico Rava e Fred Hersch ha segnato una tappa significativa della loro recente collaborazione, destinata ad essere presto documentata da un’incisione effettuata presso la sede della Radio Svizzera Italiana di Lugano. La sua pubblicazione – a cura della prestigiosa etichetta tedesca ECM – è prevista per il prossimo anno. A quanto affermato dallo stesso Rava in una recente intervista, il Cd sarà intitolato «The Song Is You».

Rava e Hersch hanno infatti individuato nella canzone, nella forma della song (che sia uno standard o altro) un comune terreno di indagine e confronto. Non un comodo rifugio, né tantomeno un pretesto per adagiarsi sugli allori. Piuttosto, uno spazio di mutua intesa e reciproco scambio in cui far confluire le diverse sensibilità e i differenti retroterra culturali di un italiano e di un americano accomunati dalla profonda conoscenza del linguaggio e del repertorio del jazz.

Fred Hersch ed Enrico Rava, foto di Annamaria Lucchetti

Reduce da un periodo contraddistinto da seri problemi di salute, Rava – impegnato nell’occasione solo al flicorno – esibisce un suono inevitabilmente tenue e increspato, ma comunque efficacemente espressivo. Restano intatti il pensiero e il disegno melodico, la capacità di esplorare i nuclei tematici facendo respirare e «cantare» il fraseggio. Hersch produce impianti armonici raffinati nella loro essenzialità e costruisce preziose variazioni allontanandosi dal centro tonale senza mai però perderlo di vista, e centellinando le frasi con un prezioso lavoro di cesello e grande nitidezza di tocco e pronuncia.

Fred Hersch, foto di Pino Ninfa

Per rendersi conto della statura di questo geniale pianista bastano pochi esempi. Per cominciare, il gioco della mano sinistra con cui imbastisce palpitanti linee di basso, struttura portante di una vivace rielaborazione di Just Friends. Poi, in piena solitudine, la scomposizione cosparsa di dissonanze dei nuclei tematici di ‘Round Midnight. Quindi, la semplicità spartana, accompagnata dall’amore per la melodia, della sua versione (offerta ancora da solo come bis) di And So It Goes di Billy Joel. Infine, il fine impianto armonico e il tema gioiosamente articolato della sua Child’s Song, che mette Rava in condizione di esprimere la sua vena melodica e suonare in modo «bambinesco», aggettivo usato dallo stesso trombettista in sede di commento al pezzo.

Enrico Rava, foto di Annamaria Lucchetti

La palpabile empatia instauratasi tra i due musicisti e la loro predisposizione a recepire e ritrasmettersi continui stimoli generano altre piccole perle di saggezza ed inventiva. Prima di tutto, le sottili intuizioni armoniche, ritmiche e melodiche con le quali si rivitalizzano standard arcinoti e largamente rivisitati come I’m Getting Sentimental Over You, Old Devil Moon, Polka Dots and Moonbeams e My Romance. In secondo luogo, la lenta e metodica parcellizzazione del tema di Epistrophy di Thelonious Monk, da cui viene estratta l’essenza blues. Per ultimo ma non ultimo, il respiro delicato conferito a Retrato em branco e preto di Antonio Carlos Jobim, altro grande amore di Rava e omaggio a João Gilberto e Chet Baker, che di quel brano resero sublimi interpretazioni. Tutte dimostrazioni, come del resto l’intero concerto, di come la tradizione possa trasformarsi in materia viva.

Enzo Boddi