Il 30 maggio, per la seconda edizione di FOG, Triennale Milano Performing Arts, dal respiro internazionale, e in collaborazione con Santeria, assisto a questa doppia serata di eccellente ricercatezza. A salire sul palco, nella prima parte, è infatti la compagnia Dewey Dell, composta dai giovani Teodora, Demetrio e Agata Castellucci (figli del regista Romeo Castellucci) ed Eugenio Resta. Storm Atlas è la performance che gli originali protagonisti regalano ad un pubblico appassionato. Pubblico che si amalgama formando un’ombra all’interno dell’involucro scuro della sala, e si trasforma successivamente in una sorta di specchio di ciò che accade in scena. Le “tempeste” rappresentate crescono sull’andare del tempo; gesti e suoni diventano elementi in continua metamorfosi, in un ciclo continuo scandito da ritmi a volte ancestrali, a volte meccanici.
La riflessione posta alla base di questo lavoro è su quanto sia impreparato l’essere umano, nonostante tutte le conoscenze, ai continui mutamenti e fenomeni cui la natura ci sottopone, rilegando il tutto alla figura del cielo che accoglie tali espressioni, nelle sue molteplici sfaccettature.
La sala si scalda e la partecipazione degli spettatori evidenzia la carica dei quattro giovani, i cui corpi, incollati anche grazie ai fasci di luce, diventano un corpo unico, non solo fra di loro ma inglobando anche la sala intera. I testi si riversano sulle note della musica che li accompagna e aumenta la percezione di questa simbiosi, attraverso un linguaggio per niente scontato, a volte sfuggente come quel cielo irraggiungibile. Un’opera di forte impatto, ben assemblata, per un atlante da scoprire.
Al termine della performance, l’atmosfera diviene nuovamente dilatata, l’involucro di disfa e occorre una lunga pausa per arrivare alla seconda esibizione. Che prende forma lentamente, ma avanza rapidamente, nella figura dei Plaid, duo elettronico britannico compostao da Ed Handley e Andy Turner. Con la loro caratteristica raffinatezza, ci parlano di polimeri, Polymer è infatti il loro ultimo lavoro (Warp 2019), toccando nuovamente il tasto principale della serata, le catastrofi ambientali.
Tema sviluppato attraverso una vera urgenza di beats, che viaggiano attraverso il corpo dinamico della serata. Le frequenze sono chiare e travolgenti. I visuals alle loro spalle amplificano il mood viscerale che distingue il momento.
Un bel connubio quello di Dewey Dell e Plaid, nulla rimbalza al di fuori, magari ha lasciato qualcosa dentro che continuerà a riverberarsi e smembrarsi.
Soukizy