Cristina Zavalloni: «Special Moon» a Bologna Modern (Teatro Comunale, 12 ottobre 2018)

di Libero Farnè - foto di Barbara Rigon e Luca Vitali

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Cristina Zavalloni - foto di Barbara Rigon
Cristina Zavalloni - foto di Barbara Rigon

Era già originale, e mossa da una forte motivazione autobiografica, l’idea di Cristina Zavalloni di dedicare un intero disco (su Encore Jazz) ai toni lunari, lunatici, lunati, stralunati, languidi o trionfali, del nostro inseparabile satellite, rivisitando canzoni e temi di varie culture e periodi. Come era azzeccata nel cd, anche se un po’ timida, l’intuizione di chiamare in causa uno stregone del live sampling come il norvegese Jan Bang, inserendo i suoi diafani interventi al fianco del puntuale apporto degli abituali partner italiani. Quanto mai ghiotta quindi l’opportunità di verificare dal vivo, nella sua prima apparizione all’interno dell’articolata rassegna autunnale Bologna Modern, l’identità e la tenuta di questo progetto specificatamente tematico, che fa della leggerezza e della sospensione, oltre che del rigore, uno dei suoi punti di forza.

Pur stravolgendo l’ordine dei brani in repertorio, il concerto non ha apportato sostanziali innovazioni alle intenzioni del disco. Il centro di tutto, dell’approccio interpretativo, degli arrangiamenti, dell’interplay, rimane l’emissione vocale della leader. Differenziato in base al contenuto dei testi e alle tradizioni che si sono stratificate alle loro spalle, il canto si è disteso quasi mai di potenza, ma tenuto sempre sotto controllo, fra sussurri, allusioni, smorzamenti, rare impennate ma ben finalizzate, fra toni infantili o drammatici, fra ironia o sberleffo, esotismi o serena meditazione.

Jan Bang - foto di Luca Vitali
Jan Bang – foto di Luca Vitali

Il timing soprattutto e le microstrutture di formazioni sempre diverse sono stati piegati con sapienza per dare una verità, un senso narrativo al trattamento delle canzoni selezionate. Si sono così susseguite la macerata e livida deformazione di Blue Moon, la sospesa allucinazione cosmica di Autumn Nocturne, la struggente malinconia di matrice brasiliana in Luisa, la scanzonata e un po’ cinica narrazione dell’original Le tigre et le chat, tratto da una leggenda di origine caucasica, la danzante e smaliziata cadenza della filastrocca La bambina e la luna, la deliziosa, trasparente versione del belliniano Vaga luna che inargenti, in duo con Jan Bang… Infine, nell’introdurre il conclusivo Tintarella di luna, uno sfrenato vocalese della cantante ha fatto il verso appunto alle vibrazioni crepitanti e ripetitive proprie dell’elettronica di Bang, anticipando il suo intervento.

Di conseguenza sempre calibratissimo è risultato il lavoro dei partner, teso a creare una trama armonica e dinamica mobile ma impalpabile, intessuta di piccoli effetti, sottolineature, controcanti… Qualche sprazzo di solismo comunque è venuto qua e là, soprattutto dai sax di Cristiano Arcelli, dalla pronuncia puntuta e a tratti boppistica. A parte qualche opportuno sussulto del drumming di Alessandro Paternesi, il contributo di Simone Graziano e di Daniele Mencarelli (piano e basso) si è attenuto prevalentemente a una partecipata e soppesata funzione di sottrazione. Misuratissimi, ma più percepibili dal vivo rispetto al cd, anche i rari interventi di Jan Bang, indirizzati soprattutto a riutilizzare e deformare in diretta frammenti intonati dal sax, dalla voce o dal piano, donando al sound del collettivo una leggera enfasi un po’ straniante.

Cristina Zavalloni - foto di Barbara Rigon
Cristina Zavalloni – foto di Barbara Rigon

In definitiva il concerto si è dipanato con grande raffinatezza, pieno di sorprese e deviazioni, rarefazioni e addensamenti, ma condotto con pugno di ferro, senza eccessi, sbavature o ridondanze, senza inutili orpelli. Semmai, al contrario, si potrebbe sostenere che il percorso musicale è stato fin troppo deterministico e decantato, secondo una concezione di arrangiamento che ha lasciato un esiguo spazio all’improvvisazione, mantenendo una cromatismo variegato ma perennemente pastello. Ma tutto questo è frutto di una scelta precisa e coerente, di un’esigenza di controllo, di una maturità espressiva che, pur con una forte partecipazione creativa, vuole dominare pienamente il materiale affrontato.

Libero Farnè

Cristina Zavalloni