CLUSONE JAZZ VINCE LA SFIDA

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CLUSONE JAZZ 2015

testo e foto di Monica Carretta

Parisien Peirani CJ15

«È stata un’edizione fortunata che ci incoraggia a proseguire nei nostri propositi senza compromessi. Bisogna creare un ponte tra noi e i giovani per non perdere il nostro patrimonio e proporre musica che li avvicini e li attragga» commenta soddisfatto Gaetano Bordogna, giunto al secondo mandato come direttore artistico di Clusone Jazz. Grazie alla tenacia e alla passione dei soci dell’associazione e dello stesso Bordogna il cartellone ha proposto con coraggio musica di ricerca e d’avanguardia, puntando su scelte di qualità più che su facili consensi e senza rinunciare a nomi di sicuro prestigio. Di alcuni concerti (il duo Pasquale Mirra-Gabriele Mitelli, l’ottetto Multikulti di Christian Calcagnile, il trio Most Recent Common Ancestor, i Krokofant, il duo Michel-Portal-Bojan Z) parlerà Giuseppe Segala sulle pagine di Musica Jazz: qui esaminiamo il resto del programma.

L’apertura del festival ha coinciso, in maniera paradigmatica, con l’International Jazz Day del 30 aprile: è stato difatti il Continental Quartet a esibirsi davanti a una folta e attenta platea di studenti di Clusone, replicando poi il concerto all’interno del festival Fare la Pace di Bergamo. Il repertorio proposto dai musicisti, il senegalese Dudu Kouatè, l’azero Fakhraddin Gafarov, l’argentino Emilio Maciel e l’italiano Gabriele Lattuada, ripercorre brani dei quattro Paesi mostrando l’universalità del linguaggio musicale, che coinvolge e unisce eliminando barriere e creando fratellanze. Il trasferimento a Costa Volpino (più un’imprevista replica a Clusone il giorno seguente) prevedeva l’esibizione del chitarrista acustico Rino De Patre, abile nel ricercare e legare i suoni della tradizione a quelli della contemporaneità, come dimostra il cd «The Dawn From My Heart» per la Dodicilune. La replica del giorno dopo diventa un commosso omaggio al chitarrista Garrison Fewell, legato da anni al festival sia come musicista sia come amico e che avrebbe dovuto presentare il suo libro Lo spirito della musica creativa. Purtroppo Fewell si era arreso a una lunga malattia giusto poche ore prima.

Grande fascino sprigiona dal duo Standard Socks (ovvero Simone Massaron alla chitarra e Giulio Corini al contrabbasso), che ha suonato in una chiesa sconsacrata di Darfo Boario Terme. Le improvvisazioni tessono arazzi sonori dal carattere impressionista, suscitando forti evocazioni che vanno dal country a Ornette Coleman e dal blues al folklore americano, per abbandonarle prontamente e abbracciare linee melodiche aperte ad assoli densi e strutturati. Gli strumenti vengono usati e suonati in tutte le loro potenzialità, il pizzicato del contrabbasso crea un preambolo a melodie che crescono per poi disperdersi in suoni rarefatti che si ricompongono in nuove armonie. L’interplay è palpabile e il concerto riscuote grandi applausi. Ci spostiamo a Castione della Presolana con il Tomorrow Trio. Camilla Battaglia «suona» la voce come uno strumento: la tromba di Kenny Wheeler pare il suo riferimento stilistico. La notevole estensione vocale è ritmata da scat e giochi stilistici arricchiscono l’interpretazione dei brani, per la maggior parte composti dalla cantante e che appariranno tra breve su disco. Andrea Lombardini al basso elettrico e Alessandro Rossi alla batteria ne sostengono e colorano i disegni vocali con gran perizia e complicità. Pubblico entusiasta e numeroso, nonostante le minacciose condizioni climatiche.

Perpetual Workshop On Monk è un progetto del pianista Fabrizio Puglisi, che all’auditorium Modernissimo di Nembro ha presentato la musica di Thelonious in maniera imprevedibile e coinvolgente. Francesco Chiapperini ai clarinetti e al sax contralto, Paolo Botti alla viola (ma anche banjo, dobro e cornetta), Tito Mangialajo Rantzer al contrabbasso e Filippo Monico alla batteria dimostrano con istrioniche improvvisazioni quanto la tradizione monkiana possa ancora offrire spunti e ispirazione a getto continuo. Tempi rallentati o accelerati, gag teatrali e divertenti di Monico, piccoli giochi a molla e campanelli usati da Puglisi per creare e moderare duetti, l’originalità e la classe di Mangialajo, l’autoironia e la padronanza del materiale originale (che spazia dall’ipnotico Misterioso – più volte ripreso – a Epistrophy), linee melodiche ben delineate e momenti di dissonanza, grande swing e slanci ritmici, blues, musica «colta» e flamenco scompongono il repertorio in maniera geniale per poi ricomporlo come le infinite tessere di un puzzle. Il concerto si conclude con un brano elegante e ombroso ma illuminato da preziosi assolo di Botti al violino e Chiapperini al clarinetto.

Il 12 agosto, a Valbondione, il duo tra il sassofonista e clarinettista basso Guido Bombardieri e il batterista Filippo Sala ha ripercorso in maniera del tutto originale ed entusiasmante le orme di John Coltrane, mentre per il gran finale del festival siamo tornati in piazza dell’Orologio a Clusone con Émile Parisien (sax soprano) e Vincent Peirani (fisarmonica). Il duo, che vediamo nella foto in alto e che questa estate ha suonato praticamente ovunque, ripropone brani tratti dal recente «Belle Epoque», un omaggio alla musica di Sidney Bechet e di Duke Ellington. Energici e travolgenti, i francesi rievocano e modernizzano atmosfere d’epoca riproducendo i temi con mille sfaccettature.

La mimica corporea di Parisien e le espressioni del volto di Peirani riflettono l’intensità emotiva, e la perfetta sintonia tra i due si scioglie in un concerto raffinato ed elegante. L’edizione di Clusone Jazz 2015, dedicata a Paolo Arzano, il giornalista bergamasco scomparso questa primavera e coordinatore delle prime edizioni del festival, si era posta ambiziosi obiettivi per festeggiare lo storico traguardo del 35° anno di attività: una sfida vinta in scioltezza.

Monica Carretta