Brad Mehldau: suonare Bach agisce sullo spirito e risveglia i sensi

Con il pianista statunitense Brad Mehldau parliamo del suo ultimo progetto Three Pieces After Bach, che sarà presentato il 16 febbraio a Torino nell’ambito della rassegna Piano Lessons, promossa dalle Officine Grandi Riparazioni

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Brad Mehldau - Michael_Wilson
Brad Mehldau - foto Michael Wilson

Brad Mehldau, quando e come è iniziata la sua collaborazione con Chris Thile?
La prima volta che ascoltai Chris fu durante un concerto quando suonava con il suo gruppo stabile, i Punch Brothers. Era l’anno 2008, se non ricordo male. Non avevo sentito niente di simile prima e ne rimasi colpito; ciò che mi colpì di più fu la sua personalità musicale. Penso che lui sia un musicista ibrido: improvvisa come un jazzista e canta come un cantautore. E’ anche un compositore e le sue radici sono nella tradizione bluegrass. E’ un musicista poliglotta e ciò mi ha stimolato moltissimo.

A proposito delle sue collaborazioni in duo, continuerà quella con Mark Guiliana?
Sicuramente, sebbene al momento entrambi siamo molto impegnati su altri fronti. Penso che torneremo a collaborare in duo nel giro di un anno, più o meno. Allo stesso tempo, ho registrato alcuni brani con Mark e altri musicisti e, se tutto va bene, sarà pubblicato un disco in futuro. Sono sempre un grande fan di Mark.

 C’è un sacco di energia nella sua musica, da dove trae ispirazione?
 Da ogni cosa: da tutte le musiche che ho ascoltato, dalla tenera età fino a ora; e anche tutti i musicisti con cui ho collaborato. Per esempio, se sto facendo qualcosa con Chris, questo influenzerà quello che faccio con il mio trio con Jeff Ballard e Larry Grenadier. E quello che sto facendo con Jeff e Larry influenzerà quello che farò con Mark. Sono influenzato anche da tutto il mondo che mi circonda. Sono tempi difficili questi. Per esempio, non sono affatto soddisfatto che scelte politiche del mio paese. So bene che la musica non può risolvere questi problemi, ma penso che possiamo rispondere al mondo con le nostre esibizioni. E’ un po’ come una terapia.

Lei ha studiato le derivazioni classiche nel jazz, pop e rock. Quali sono i risultati di questa ricerca?
La musica classica è il primo genere che ho studiato da bambino; intorno ai tredici anni ho iniziato a dedicarmi al jazz. La musica classica mi da impulsi così come il jazz, pop e rock. Tutto ciò converge nella mia musica, così anche le melodie e le armonie della musica brasiliana e non riesco a capire quando finisce l’una e inizia l’altra.

Con riguardo a Three Pieces After Bach: cosa l’ha portata verso Bach? Qual è l’obiettivo di questo progetto?
Ho suonato Bach per molti anni per la mia crescita, e il mio piacere. Suonare la musica di Bach è come andare in chiesa, risolvere un problema di matematica e fare l’amore tutto in una sola volta. La sua musica agisce sul nostro spirito, fa maturare la mente e risveglia i sensi. Volevo trovare un modo per esprimere ciò che Bach mi ha dato, e Three Pieces After Bach ne è il risultato

Three Pieces After Bach  non è la sua prima esperienza con la musica classica. In particolare, ci riferiamo all’album «Love Songs» con il soprano Anne Sofie von Otter. Qual è il suo rapporto con la musica classica?
Le stesse cose che mi mettono in relazione con tutte le musiche: la possibilità dell’estasi, il rifugio, la trascendenza, e forse una certa gnosi. La musica «classica», qualunque significato possa avere per la gente, dà l’opportunità di studiare e di scrivere, diversamente da ciò che succede nella atto performativo della tradizione jazzistica, dove la registrazione costituisce l’archivio della memoria. Ci sono diversi secoli di musica da suonare e meditare, tutto ciò per la nostra crescita culturale.

Brad Mehldau

 

Cosa l’emoziona nel suonare da solo?
L’assoluta libertà dalle costrizioni imposte dalla forma e l’assoluta responsabilità di fornire una forma a ciò che si costruisce.

Qual è il suo approccio nel selezionare il materiale che decide di suonare nei concerti da solo?
Sicuramente un sacco di tentativi ed errori. Per esempio, mi piace provare diversi brani di rock’n’roll della mia giovinezza, ma solo alcuni di questi possono funzionare. Alcune volte ho suonato qualcosa, ma non è andata bene e ho capito che non avrei dovuto più suonarlo. In altri casi, invece, va bene da subito e, in altri casi ancora, ci vuole un po’ di tempo perché prendano la forma giusta.

Cosa significa per Lei improvvisare e cosa pensa quando improvvisa?
L’improvvisazione consente alla intuizione di guidare la prestazione. Ma cosa viene fuori? Non è niente di meno che il punto di arrivo di tutto ciò che ho amato e assorbito per tutta la vita. E quell’amore e assimilazione non erano intuitivi: spesso era un amore doloroso. Quindi, penso che ci sia una dicotomia nell’improvvisazione. E’ intuitivo, ma in ogni musicista puoi percepire tutta la sua storia di vita dietro il sipario dell’esibizione, includendo tutto il dolore e il fallimento! Non puoi mentire quando improvvisi, perché le persone se ne accorgono. La natura astratta e senza parole dell’espressione musicale ha l’effetto paradossale di portare la verità di un’improvvisazione alla luce ancora più rapidamente.

Abbiamo parlato dei duetti, delle sue performance da solo. Invece, cosa l’attrae del trio?
Lo sto facendo da un po’ ora. Non ho una risposta specifica: è come cercare di rispondere «perché questa sensazione è piacevole?».

Tra i pianisti del passato, ha un mentore in particolare?
Quando sono arrivato a New York nel 1988, per i successivi tre anni ho studiato con i pianisti Junior Mance, Kenny Werner e Fred Hersch. La mia esperienza con loro è stata assolutamente preziosa e fonte di ispirazione per il mio modo di suonare oggi. Con Junior ho lavorato sul comping e suonando nella sezione ritmica; Kenny mi ha mostrato le strategie per costruire e improvvisare; mentre con Fred ho focalizzato tantissimo le tonalità e l’approccio al piano solo.

La sua musica è stata anche usata per le colonne sonore. Ha mai pensato di comporne una appositamente per un film?
Ho composto una colonna sonora per un film francese diversi anni fa: Ma femme et une actrice. Vorrei farne di più in futuro.

Ha altri progetti in mente per il futuro?
Questi giorni sto lavorando abbastanza intensamente su di un brano per pianoforte e orchestra. Poi, come già detto, c’è il progetto che coinvolge Mark Guiliana e altri musicisti.

Alceste Ayroldi