Billy Hart Quartet al 50° Festival Internazionale del Jazz della Spezia

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Billy Hart Quartet, foto Emrico Amici

La Spezia, Piazza Mentana, 23 luglio

Tra gli eventi di punta della 50esima edizione del Festival Internazionale del Jazz spezzino, il concerto del quartetto di Billy Hart ha dimostrato come nel jazz attuale la coscienza della tradizione afroamericana e un approccio lungimirante possano tradursi in materia vibrante, in piena sintonia con la contemporaneità. A maggior ragione se si considera il curriculum del quasi 78enne Hart, nel quale spiccano collaborazioni con Wes Montgomery, Herbie Hancock, Miles Davis, McCoy Tyner, Stan Getz e David Liebman.

Il quartetto di Hart – con Ethan Iverson al piano, Ben Street al contrabbasso e Joshua Redman ormai definitivamente subentrato al tenore al predecessore Mark Turner – si muove lungo le coordinate dettate dagli album ECM «All Our Reasons» e «One Is The Other», dai quali sono tratti brani come Song For Balkis, Duchess e Yard. In questo contesto Hart emerge non certo come un batterista accentratore (un esempio per tutti: Billy Cobham), ma piuttosto come un attento coordinatore, un fine compositore, un interlocutore ricettivo e propositivo. Insomma, un primus inter pares.

Billy Hart, foto Enrico Amici

Sulla base della pulsazione asciutta, rocciosa e dinamica al tempo stesso di Street (che tra l’altro non si concede neanche una parentesi solistica) Hart traccia un percorso ritmico articolato, fatto di figurazioni cangianti, controtempi, raddoppi e rullate, arricchito da dinamiche impeccabili e un ampio ventaglio di colori. In certi frangenti, le sottigliezze tra charleston, rullante e grancassa ricordano perfino il Max Roach di The Drum Also Waltzes.

Iverson si conferma pianista atipico, amante della sottrazione e delle pause, in bilico tra reminiscenze di Hampton Hawes (cui è dedicata South Hampton), Thelonious Monk e Herbie Nichols, richiami a Paul Bley e Andrew Hill, e retaggio classico-contemporaneo. Lo testimoniano appieno le sue composizioni Neon e Chamber Music, quest’ultima giocata – come del resto suggerisce il titolo – su sequenze in cui sono gli aspetti timbrici e dinamici a prevalere.

Ethan Iverson, foto Enrico Amici

In questo quartetto Redman sembra aver trovato l’ambiente ideale per esprimere appieno il proprio potenziale. Distante da patterns e manierismi coltraniani, molto più disciplinato che in passato, il fraseggio del tenore compie concatenazioni e progressioni logiche sui tempi medi e veloci; si distende e si arricchisce di sfumature nei passaggi più melodici; si fa spigoloso, a tratti ispido sui sovracuti, nelle sezioni informali su tempo libero, evocando fugacemente quello del padre, il grande Dewey.

Infine, colpiscono la coesione, la feroce concentrazione, la capacità d’ascolto reciproco  e l’interazione del quartetto, che dall’alto del suo magistero Hart guida con palese gioia di fare musica.

Enzo Boddi

Billy Hart, foto Enrico Amici