Bill Evans: grande piano jazz dalla Foresta Nera

Straordinaria vittoria nella categoria «Inedito Storico» del Top Jazz 2016 del doppio cd inedito del trio di Bill Evans con Eddie Gomez e Jack DeJohnette

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bill evans

La Resonance, distribuita in Italia da IRD e delle cui straordinarie scoperte abbiamo già reso conto in più occasioni su queste pagine (basti citare l’abbondante materiale inedito di Wes Montgomery dissotterrato dall’etichetta californiana), con le uscite del 2016 ha davvero superato se stessa. Ancora una volta il titolare George Klabin e il suo agente segreto Zev Feldman sono riusciti a scovare tali valanghe di materiale inedito che è sufficiente guardare le copertine per sentirsi, come dire, una certa acquolina in bocca.

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Uno dei pezzi più pregiati è sicuramente il doppio cd di Bill Evans «Some Other Time: The Lost Session from the Black Forest» che rappresenta una scoperta a dir poco sensazionale, trattandosi non già dell’ennesimo – anche se quasi sempre magnifico – album dal vivo del pianista ma di una registrazione in studio, fatta con tutti i crismi, e anche qualcuno di più, dall’infaticabile proprietario-produttore-tecnico del suono-pianista dilettante (ma non troppo) della MPS, Hans Georg Brunner-Schwer. E, per aggiungere spezie a un piatto che già dal menu sembra più che saporito, è necessario dire che il trio di Evans che qui si ascolta non è in una versione qualsiasi ma in quella, purtroppo durata lo spazio di un mattino, con Eddie Gomez e Jack DeJohnette e titolare fino a oggi di un solo disco: il celeberrimo Verve registrato al festival di Montreux nel giugno 1968 (quello col castello in copertina, per intenderci). Pochi sapevano – alcuni sì, ma ve lo diciamo dopo – che, qualche giorno dopo l’esibizione elvetica, Evans e i suoi due compari erano saltati in macchina per passare il confine con la Germania e dirigersi a Villingen, nella Foresta Nera, dove li attendeva a braccia aperte il Brunner-Schwer su preventiva sollecitazione di Joachim-Ernst Berendt, che al concerto di Montreux era presente.

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La retrocopertina di Bill Evans «Some Other Time: The Lost Session from the Black Forest»

Fu quindi convenuto di registrare un album, da far uscire dopo un successivo accordo (che per vari motivi non avvenne mai) ma il materiale inciso sarebbe stato sufficiente a pubblicare oltre due lp, e riempie i due cd che possiamo ascoltare oggi. A rigor di logica non dovremmo definire questo album una «lost session», sia perché i nastri non sono mai andati smarriti ma sempre rimasti nella disponibilità di Brunner-Schwer e poi della sua famiglia, sia perché dell’esistenza della seduta erano a conoscenza diverse persone oltre, ovviamente al produttore, al suo consulente e ai musicisti coinvolti: uno per tutti Oscar Peterson (per qualche tempo artista MPS e ottimo amico di Brunner-Schwer nonché di Evans), il quale, con aria carbonara assai, ce ne aveva accennato a voce nel 1988 lasciando capire che, insomma, sì, lui una copia del nastro ce l’aveva. Oltre a ciò, un brano era stato inserito da Brunner-Schwer in un lp antologico della MPS mai messo in commercio e usato come regalo natalizio per gli amici più cari. Ma si tratta di quisquilie discografiche: questo è un album che non può mancare diremmo a nessuno, anche perché è ancor più riuscito del già notevole Verve e presenta molti brani che non facevano e di rado avrebbero fatto parte del repertorio del pianista.

Luca Conti