BEN HARPER

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BEN HARPER

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Non capita tutti i giorni di incidere un disco con la propria madre. A Ben Harper sì, ma è noto che il cantante e chitarrista californiano può permettersi questo e altro (così come, lo scorso anno, al termine del contratto discografico con la Virgin, si era subito accompagnato al leggendario bluesman Charlie Musselwhite per «Get Up!» album del quale Musica Jazz ha lungamente parlato). «Childhood Home» (Prestige Folklore), rappresenta per Harper il coronamento di un desiderio a lungo inseguito: un disco col quale l’artista rimette a posto – sono parole sue – un rapporto non facilissimo con la madre, che tra le altre cose era stata la sua prima insegnante di chitarra nello storico negozio di strumenti musicali gestito da generazioni dalla famiglia a Claremont e nel quale si ritrovavano, negli anni Settanta, personaggi del calibro di Taj Mahal, Ry Cooder e David Lindley, tutta gente che sul giovane Ben avrebbe lasciato un imprinting incancellabile. Il disco è completamente acustico e, come racconta lo stesso Harper, esplora le diverse facce della cosiddetta Americana: soul, folk rock, California e tanto altro. «Per me la casa è un luogo dal quale prima si scappa, e poi si finisce per tornare» racconta Ben. Missione compiuta, quindi.

Franco Vailati

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