ANGELO CONTINI E PAT MOONCHY: L’IMPROVVISAZIONE A «PIACENZA SUONA JAZZ»

192

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Piacenza, 23 marzo 2014, Cantiere Simone Weil

Angelo Contini e Pat Moonchy

Continua a regalare piacevoli sorprese «Piacenza Suona Jazz», la rassegna collaterale del Piacenza Jazz Fest, che ha visto Angelo Contini (trombone) e Pat Moonchy (voce e sintetizzatore preparato) protagonisti di un insolito duo in uno dei locali più suggestivi della città: il Cantiere Simone Weil. Un’esibizione molto «tirata» per intensità e pathos, a cavallo tra free jazz e musica improvvisata.

In realtà, definire cosa suonasse Pat Moonchy non è facile: la sua attrezzatura si basava su una cassa armonica amplificata da cui sporgevano cavetti di bronzo che, strofinati tra loro o messi a contatto con svariati oggetti, producevano sonorità sorprendenti ed originali che la performer filtrava poi attraverso un mixer. Impressionante l’impatto teatrale di questa musicista dalla figura esile e ieratica, sempre intenta a far cascare fagioli e piccole pietre sul suo strumento per poi rimuoverli con rastrellini e scopine, accompagnando il tutto con vocalizzi dal sapore ipnotico.

Su questa base si muovevano il trombone, le conchiglie e i flauti di Angelo Contini, che è riuscito a destreggiarsi su un terreno insidioso – molto variegato e ricco di asperità – esplorando con maestria i registri e i timbri del suo strumento principale e sfoggiando una tecnica di alto livello, soprattutto nella respirazione circolare. L’incontro tra i due esecutori ha prodotto una musica insolita ma nuova e genuina, a volte gioiosa e a volte cupa, quasi calata in un clima da film horror.

In un’epoca in cui il jazz è troppo spesso usato per sonorizzare brunch o sale d’aspetto, è bello ritrovare un linguaggio di libertà assoluta che rischierebbe altrimenti di andare perduto.

Francesco Spezia

foto di Beatrice Spezia