
Un cartellone concepito con maestria e particolare senso artistico quello di Maria Pia De Vito per la sezione jazz dell’edizione 2018 del Ravello Festival: da Inventarío con Ivan Lins a Tigran Hamasyan in piano solo, passando per Kurt Elling, Paolo Fresu con Daniele Di Bonaventura e il coro A Filetta, fino al concerto di Bill Frisell con Petra Haden che si terrà il primo agosto. Un brand forte e significativo che lo rende quasi una rarità in un estate festivaliera piuttosto allineata intorno ad alcuni combo e nomi e fin troppo ripetitiva. L’impronta forte, significativa data dalla cantante e compositrice partenopea, si apparenta a quella del suo punto di forza: la ricerca. E in questo cartellone, spicca con orgoglio una serata dedicata alla casa discografica tedesca Ecm che, mercé il suo patron Manfred Eicher, da sempre ha fatto della ricerca e della cura del suono il suo credo musicale.

ph Pino Izzo
Un doppio concerto per oltre due ore di musica. Ha aperto la prima mondiale del trio formato dal pianista Stefano Battaglia, dal percussionista Michele Rabbia e dal vocalist tedesco Theo Bleckmann che hanno portato in scena Four Quartets, ispirato all’omonima opera di quattro poemetti di T.S. Elliot, ognuno dei quali è diviso in cinque sezioni. A Ravello il trio ha eseguito What Might Have Been (And What Has Been), The Dance Along The Artery At The Still Point Of The Turning World, Here Is A Place, The Stillness dando prova che la fase embrionale del progetto sia in stato più che avanzato e che l’interazione tra i tre attori risponde già al meglio. La musica segue l’idea poetica, privilegiando tempi soffusi, in alcuni casi cupi e inquieti; inquietudine accentuata dalle dinamiche vocali e dal timbro di Bleckmann, eccellente dicitore della poetica dell’intellettuale statunitense-britannico. Le strutture sono ben architettate e ben argomentate, seppur qualche piccola sbavatura sulle entrate e sui cambi di volume, fa capolino: eccezione più che ragionevole, vista la fase in cui si trova il progetto. Ostinati, flusso sonoro continuo del pianoforte di Battaglia, che scandisce perfettamente ogni singola nota tra il pianissimo e il forte, mentre Rabbia disegna i ritmi, colora i tempi con tutto il suo armamentario e con tutta la sua impareggiabile bravura. Bleckmann alterna il canto perfettamente intonato sul suo timbro monocorde – e, a tratti, algido – con un perfetto sprechgesang. Le composizioni del pianista milanese abbracciano la cultura musicale in tutta la sua interezza: da frammenti rinascimentali a strutture folkloriche, fino ad esplosioni avanguardistiche di particolare pregio, come in The Stillness. Un progetto culturale come se ne trovano pochi in circolazione, fatto di studi e di ricerche, e di telepatica concezione della musica.

ph Pino Izzo
L’indimenticabile palco sospeso nel mare e nel cielo del belvedere di villa Ruffolo, ospita nella seconda parte il trio del pianista inglese Django Bates, con il contrabbassista svedese Petter Eld e il batterista danese Peter Bruun.

ph Pino Izzo
La musica cambia radicalmente, perché Bates e sodali affrontano, con sorniona scioltezza, il repertorio attinto dall’album «The study of touch»: tributo a Charlie Parker declinato secondo il verbo di Bates. Apertura al fulmicotone con Sadness All The Way Down, e il trio mette subito in campo tutta la sua arte di elaborare il pensiero boppistico di Parker con fraseggi spezzati, assoli dalle alte volute e una pressante ritmica che argomenta perfettamente la rilettura di Bates. Seguono le calde note di Giorgiantics e le frasi eleganti costruite da Bates, la fluidità e il modo naturale e preciso, al quale fa eco Bruun, che rappresenta magistralmente la scuola scandinava, accarezzando con inusitata decisione tamburi e piatti, suggerendo il ritmo con inappuntabile tempismo e sviluppando un dialogo intenso con la metronomica pastosa precisione di Eld. Il flavour parkeriano si smarca in Donna Lee: Bates sciorina il suo sapere bebop, fino a confonderlo con note prese in prestito dalle avanguardie contemporanee, ingigantendo i cambi ritmici e immortalando il contralto di Parker negli ottantotto tasti. Un concerto che strappa applausi a scena aperta, entusiasma il pubblico «superstite» (fin troppi avevano abbandonato il parterre prima dell’inizio del secondo atto della serata). Bates appartiene, a pieno titolo, a quei pianisti capaci di rivoluzionare gli stilemi della tecnica strumentale e rileggere la concezione del piano jazz trio.

ph Pino Izzo
Insomma, una serata da incorniciare perché la direzione artistica ha messo nelle condizioni di poter assistere a una premiere mondiale, nonché alla performance di Bates e sodali, così toccando con mano una parte dell’universo Ecm.
Alceste Ayroldi
ph Pino Izzo