An evening with Ecm al Ravello Festival, 21 luglio

La notte Ecm a Ravello con la prima assoluta di Four Quartets di Stefano Battaglia, Theo Bleckmann e Michele Rabbia e il trio Belovèd di Django Bates.

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ph Pino Izzo

Un cartellone concepito con maestria e particolare senso artistico quello di Maria Pia De Vito per la sezione jazz dell’edizione 2018 del Ravello Festival: da Inventarío con Ivan Lins a Tigran Hamasyan in piano solo, passando per Kurt Elling, Paolo Fresu con Daniele Di Bonaventura e il coro A Filetta, fino al concerto di Bill Frisell con Petra Haden che si terrà il primo agosto. Un brand forte e significativo che lo rende quasi una rarità in un estate festivaliera piuttosto allineata intorno ad alcuni combo e nomi e fin troppo ripetitiva. L’impronta forte, significativa data dalla cantante e compositrice partenopea, si apparenta a quella del suo punto di forza: la ricerca. E in questo cartellone, spicca con orgoglio una serata dedicata alla casa discografica tedesca Ecm che, mercé il suo patron Manfred Eicher, da sempre ha fatto della ricerca e della cura del suono il suo credo musicale.

Bleckmann-Battaglia-Rabbia-
ph Pino Izzo

Un doppio concerto per oltre due ore di musica. Ha aperto la prima mondiale del trio formato dal pianista Stefano Battaglia, dal percussionista Michele Rabbia e dal vocalist tedesco Theo Bleckmann che hanno portato in scena Four Quartets, ispirato all’omonima opera di quattro poemetti di T.S. Elliot, ognuno dei quali è diviso in cinque sezioni. A Ravello il trio ha eseguito What Might Have Been (And What Has Been), The Dance Along The Artery At The Still Point Of The Turning World, Here Is A Place, The Stillness dando prova che la fase embrionale del progetto sia in stato più che avanzato e che l’interazione tra i tre attori risponde già al meglio. La musica segue l’idea poetica, privilegiando tempi soffusi, in alcuni casi cupi e inquieti; inquietudine accentuata dalle dinamiche vocali e dal timbro di Bleckmann, eccellente dicitore della poetica dell’intellettuale statunitense-britannico. Le strutture sono ben architettate e ben argomentate, seppur qualche piccola sbavatura sulle entrate e sui cambi di volume, fa capolino: eccezione più che ragionevole, vista la fase in cui si trova il progetto. Ostinati, flusso sonoro continuo del pianoforte di Battaglia, che scandisce perfettamente ogni singola nota tra il pianissimo e il forte, mentre Rabbia disegna i ritmi, colora i tempi con tutto il suo armamentario e con tutta la sua impareggiabile bravura. Bleckmann alterna il canto perfettamente intonato sul suo timbro monocorde – e, a tratti, algido – con un perfetto sprechgesang. Le composizioni del pianista milanese abbracciano la cultura musicale in tutta la sua interezza: da frammenti rinascimentali a strutture folkloriche, fino ad esplosioni avanguardistiche di particolare pregio, come in The Stillness. Un progetto culturale come se ne trovano pochi in circolazione, fatto di studi e di ricerche, e di telepatica concezione della musica.

Bleckmann-Battaglia-Rabbia
ph Pino Izzo

L’indimenticabile palco sospeso nel mare e nel cielo del belvedere di villa Ruffolo, ospita nella seconda parte il trio del pianista inglese Django Bates, con il contrabbassista svedese Petter Eld e il batterista danese Peter Bruun.

Django Bates
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La musica cambia radicalmente, perché Bates e sodali affrontano, con sorniona scioltezza, il repertorio attinto dall’album «The study of touch»: tributo a Charlie Parker declinato secondo il verbo di Bates. Apertura al fulmicotone con Sadness All The Way Down, e il trio mette subito in campo tutta la sua arte di elaborare il pensiero boppistico di Parker con fraseggi spezzati, assoli dalle alte volute e una pressante ritmica che argomenta perfettamente la rilettura di Bates. Seguono le calde note di Giorgiantics e le frasi eleganti costruite da Bates, la fluidità e il modo naturale e preciso, al quale fa eco Bruun, che rappresenta magistralmente la scuola scandinava, accarezzando con inusitata decisione tamburi e piatti, suggerendo il ritmo con inappuntabile tempismo e sviluppando un dialogo intenso con la metronomica pastosa precisione di Eld. Il flavour parkeriano si smarca in Donna Lee: Bates sciorina il suo sapere bebop, fino a confonderlo con note prese in prestito dalle avanguardie contemporanee, ingigantendo i cambi ritmici e immortalando il contralto di Parker negli ottantotto tasti. Un concerto che strappa applausi a scena aperta, entusiasma il pubblico «superstite» (fin troppi avevano abbandonato il parterre prima dell’inizio del secondo atto della serata). Bates appartiene, a pieno titolo, a quei pianisti capaci di rivoluzionare gli stilemi della tecnica strumentale e rileggere la concezione del piano jazz trio.

Django-Bates-Beloved
ph Pino Izzo

Insomma, una serata da incorniciare perché la direzione artistica ha messo nelle condizioni di poter assistere a una premiere mondiale, nonché alla performance di Bates e sodali, così toccando con mano una parte dell’universo Ecm.
Alceste Ayroldi
ph Pino Izzo